Spalletti resta a Napoli:
«Ma adesso basta veleni»

Spalletti resta a Napoli: «Ma adesso basta veleni»
di Pino Taormina
Sabato 14 Maggio 2022, 08:00 - Ultimo agg. 18:40
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«Io sono di sicuro l'allenatore del Napoli anche il prossimo anno. Io dubbi non ne ho mai avuti». E fin qui, tutto bene. Nessuna sorpresa, tutto come stra-previsto, l'ennesima conferma del feeeling con De Laurentiis. Il primo ordigno sembra, saggiamente, disinnescato dal tecnico Luciano Spalletti. Ma l'uomo Spalletti non la pensa così. Deve avere la guerra dentro di sé, è più forte di lui. E così, a sette giorni dalle meritate vacanze, fa esplodere una strana sindrome di accerchiamento che o ha tenuto ben nascosto e dissimulato nell'animo (saggiamente) per l'intero campionato o si è accorto che esiste tutto d'un tratto, tra la trasferta col Torino e l'ultima in casa con il Genoa. E così, con una serie di uscite che lì per lì lasciano di stucco (cosa avrà voluto dire?) ritorna a cannoneggiare in un contesto da noi contro tutti che, probabilmente, ritiene sia sempre di moda, almeno per costruire le basi, pure se siamo alla penultima giornata. O forse prepara il terreno per la prossima stagione, muovendosi con largo anticipo. In ogni caso i lampi esplodono contro chi ha dato risalto allo striscione sulla Panda («forse erano solo due ad averlo messo»), a quelli che avrebbero estrapolato le frasi di De Laurentiis sullo spirito di Partenope («C'è un'arte nel mettere sempre qualche miccia qua e là») e infine su chi avrebbe messo in dubbio l'impegno con il Torino (risposta: nessuno) per la sua scelta di mandare a sorpresa il suo staff a parlare in conferenza («ci avete accusato di aver deposto le armi»). È bello il mondo di Spalletti. «Lavoriamo per un Napoli ancora più forte ma serve un ambiente più pulito possibile, senza mettere duemila dubbi ad arte ogni settimana, senza voler distruggere quello che è stato fatto in un anno. E un po' di energie si sprecano per difendere queste cose». 

Dietro alcune frasi di Luciano si intravede il tormento, perché si scopre, molto a sorpresa perché c'è solo da gioire per questo terzo posto, che non è tranquillo, ben poco sereno, quasi ferito, anche se ostenta il contrario. Qualcosa non torna, nonostante con De Laurentiis i suoi rapporti siano buonissimi, come certificato dalla cena fianco a fianco all'Hotel Serapide in cui ha gettato le basi sulle amichevoli estive, sui prossimi rinforzi e dove ha persino ironizzato sulla battuta della casa da prendere a Napoli: «L'ho detto al presidente, prenderò un camper così me ne vado in giro per i vari quartieri della città, per godermi tutti gli angoli, partecipare alle feste rionali, con una sosta speciale a Piazza Dante davanti alla libreria di Tullio Pironti».

Bene, sembra tutto filare per il verso giusto. Si è ben preparato la risposta legata allo striscione sulla Panda che lui prende a ridere: «Basta che me la riportano senza le gomme consumate dai troppi chilometri e soprattutto con tutti i cd di Pino Daniele». Poi, però, la virata. È una conferenza lunga, tra le più lunghe. «Mi ricordo uno a uno le griglie dei giornali a inizio anno, con la Lazio di Sarri e la Roma di Mourinho che erano messe da tutti davanti a noi. Certo, in un anno le cose sono cambiate: dite che c'è aria di contestazione adesso? Quando sono arrivato era assai peggio, c'era un'aria di indifferenza dove solo io, ripeto solo io, credevo che questa squadra potesse andare in Champions. Ecco, ora mi sento meno solo». Contesta l'importanza data dallo striscione contro di lui. «Non c'è momento che un tifoso non mi dia sostegno, sono venuti pure dei gruppi ultras a trovarmi per dirmelo. Se volete vi do un foglietto A4 che mi hanno messo sul cruscotto in cui mi danno sostegno e lo potete mettere in prima pagina». Acido e infastidito, è chiaro. Aggiunge: «Lo striscione possono metterlo anche in due, per qualsiasi motivo personale: una volta di prima mattina ho trovato due ragazzi e volevo dargli una mano...». Tradotto: è roba di poco conto per lui. A cui non bisognava dare risalto, è il suo pensiero. 

«Certo, con Giuntoli stiamo lavorando per un Napoli forte, tutti i giorni. Ma a patto che ci sia più rispetto per noi, non che si debbano creare sempre dei dubbi ad arte (sul rapporto con De Laurentiis, ndr). In questo serve un ambiente più pulito perché non è che si può ogni volta combattere», dice indossando, senza motivo, l'elmetto. «Il nostro striscione lo abbiamo messo: è quello di essere arrivati in Champions. E invece due bambini sono fuori all'hotel e c'è chi dice che stanno contestando il terzo posto». Resta. Ma si annunciano dei bei fuochi d'artificio. 

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