La verità di Reina: io sempre leale
con la camorra non c'entro niente

La verità di Reina: io sempre leale con la camorra non c'entro niente
di Leandro Del Gaudio
Venerdì 25 Maggio 2018, 23:12 - Ultimo agg. 26 Maggio, 16:02
4 Minuti di Lettura
«Cosa direi al nuovo portiere del Napoli? Di godersi la città, che è una città meravigliosa, molto appassionata, capace di regalarti delle emozioni fortissime». Non ha dubbi su questo punto l’ormai ex portiere del Napoli Pepe Reina, prossimo a partire per i mondiali con la sua Spagna. Eppure a distanza di giorni dal suo addio a Napoli viene inseguito da titoli e notizie che lo associano a imprenditori in odore di camorra, a frequentazioni che gli sono al momento costate il deferimento in sede disciplinare. Vicende di cui accetta di parlare con il Mattino, al cospetto del suo legale, l’avvocato napoletano Francesco Picca. 

Reina, lei è stato ascoltato dai pm antimafia come testimone, mentre in sede sportiva c’è un deferimento: quale è la sua posizione su questa vicenda?
«Non è gradevole. Non mi ritengo una persona coinvolta nell’ambiente di cui si parla da giorni sui giornali. Ogni giorno vedo titoli che mi riguardano, persino i miei genitori in Spagna sono raggiunti da notizie che mi associano a fatti di camorra. Vorrei battere su questo punto: non ho avuto alcun rapporto con clan, boss o soggetti in odore di camorra».  
Due dei tre imprenditori che lei ha frequentato, cioè Gabriele e Giuseppe Esposito, sono tuttora in carcere con l’accusa di interposizione fittizia di beni con l’aggravante del fine mafioso. Non le sembra quanto meno inopportuno averli frequentati?
«Parlo ora di questo punto in una intervista perché è stato reso pubblico il contenuto della mia audizione dinanzi ai pm. E mi limito a ricordare alcuni punti decisivi: gli Esposito mi vennero presentati al mio arrivo a Napoli da Paolo Cannavaro, napoletano e all’epoca capitano del Napoli. Credevo che fossero imprenditori e li ho incontrati o frequentati assieme ad almeno altre trecento persone che mi saranno state presentate in questi anni a Napoli. Ma c’è anche un altro punto da ricordare: mi è stato detto che erano sponsor del club azzurro, che avevano contratti commerciali con la squadra. Per quale motivo non avrei dovuto fidarmi?».

Eppure undici mesi fa, i tre fratelli Esposito erano stati arrestati al termine della prima parte di questa indagine. Un fatto che non le ha impedito di organizzare una festa di addio con duecento persone nel loro locale. Non le sembra contraddittorio?
«Mi venne spiegato che erano stati scarcerati. Pensavo che le accuse non fossero vere, insomma sono sempre portato a fidarmi delle persone, specie se poi sono gli stessi giudici a rivedere le proprie conclusioni».

Al di là degli aspetti penali resta la questione disciplinare o, in senso più esteso, di natura etica. Non crede che fosse inopportuno frequentare gli Esposito?
«Abbiamo fatto delle serate assieme, non lo nego, ma non c’era alcun elemento che potesse impedirmi di frequentare persone che - meglio ribadirlo - mi sono state presentate come sponsor azzurri da chi conosce bene Napoli. Insomma, mi hanno sempre dimostrato lealtà e correttezza, per quale motivo avrei dovuto cambiare atteggiamento nei loro confronti? Non è la prima volta che mi capita. Anche in Spagna ho qualche amico su cui non nutro riserve, forte della mia buona fede, nonostante ci sia chi mi sconsigli di frequentarlo. Ho sempre avuto un cuore grande per queste cose, non mi sono mai tirato indietro, non mi sono mai risparmiato nei rapporti con le persone».

Restiamo alle questioni di opportunità. Uno dei tre fratelli Esposito è titolare di un centro di scommesse. Non crede che fosse inopportuno che uno dei giocatori più influenti del Napoli (il portiere può essere decisivo in un match) continuasse a frequentare titolari di un centro di scommesse?
«Gioco per vincere e ho sempre cercato di vincere per la mia squadra e di rafforzare la mia carriera di atleta. Non vedo cosa c’entri con me quel centro scommesse. La mia condotta è sempre stata leale, mai un dubbio sul mio conto. Io in quel centro scommesse non sono mai entrato».

In Procura pochi giorni fa le hanno ricordato l’esistenza di un codice etico, come mai non lo ha letto?
«Ne conosco i punti principali, che sono stati anche la chiave della mia vita di cittadino e di atleta. Unaimmagine di uomo e di sport che ora devo tutelare contro notizie spesso ripetitive e sgradevolmente suggestive». 

Cosa direbbe al futuro portiere del Napoli?
«Goditi questa città che è meravigliosa, puoi contare su una energia davvero straripante».
© RIPRODUZIONE RISERVATA