Anguissa nel cuore del Napoli:
tutto il potere del «vagocampista»

Anguissa nel cuore del Napoli: tutto il potere del «vagocampista»
di Marco Ciriello
Venerdì 24 Settembre 2021, 07:00
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Non è più il turbo di uno spezzone di partita, ma il dominio di gare intere: Frank Anguissa ha già l'etichetta da protagonista. Il suo corpaccione per due partite di seguito, quella con l'Udinese e questa con la Sampdoria, si è preso di prepotenza il centrocampo, procurando lo smottamento di quelli avversari. Un crescendo di forza e anche dribbling, una continua conquista dello spazio con e senza pallone, fino a farsi presenza imprescindibile in ogni azione. Bloccando quelle avversarie e impostando quelle del Napoli, con di fianco un Fabian Ruiz che segna aggiustando il tiro da biliardo finito sul palo dell'Udinese in versione grande spagnolo santo del centrocampo, in evocazione Xavi-Iniesta. In una partita autenticamente tecnica, Anguissa c'ha messo anche il fisico, in modo reazionario e conservatore, preservando la sua linea, difendendola dalla incursione e favorendo anche la difesa guidata da Koulibaly. È il calciatore che stringe alla testa gli avversari, lavorando alle caviglie e strappando palloni, una anima da ciclista, che guadagna passo, è ancora un po' lento, ma meno dell'ultima partita, e questo gli fa guadagnare quando si avventura nei dribbling, quando strappa per dare il via alle azioni di contrattacco, sia che segua/affianchi Lorenzo Insigne, sia che si sposti a destra in appoggio. È sulle seconde palle che si comincia a vedere l'enorme lavoro del vagocampista camerunense, l'esaltazione della sua presenza come status, il principio che lo porta a non arrestarsi mai, se Spalletti deve chiedere chatwinianamente ad Elmas che ci fai lì? Ad Anguissa non deve chiedere nulla, anzi, basta il comandamento iniziale, e il resto è ricerca del pallone prima e smistamento di questo dopo.

 

Il suo serpeggiare continuo fa pensare a un desiderio d'ala, un amore per il dribbling, oltre che per gli estetismi stopparla di tacco, girarsi col tacco, allungarsi in punta dopo aver passato la suola sul pallone, carezza prima dell'abbandono , poi calerà, poi il corpaccione si farà sentire, e lo vedremo solo interrompere le azioni avversarie, ma adesso vederlo lanciarsi in appoggio e in solitaria è un bel vedere, che tiene compagnia alle finezze di Fabian Ruiz.

Il gol di Zielinski nasce proprio dal suo insistito serpeggiare e poi dalla riconquista del pallone, dato poi in appoggio a Lozano che libera il polacco al tiro. Ha una sua armonia, Anguissa, con una mentalità molto europea, un innesto di calcio tattico sulla fisicità africana, che porta stupore. È un avversario scomodo da superare e scomodo da acchiappare/fermare, in ogni azione di discesa-impostazione è come se si de-africanizzasse dimenticando il peso specifico, per poi ritornare in sé e metterci la forza, l'ingombro nella difesa, una oscillazione da leggerezza e pesantezza, quasi due giocatori in uno che giocano con la fisica e la tecnica. Con il recupero di Koulibaly e i gol di Osimhen è la vera forza del Napoli, una linea africana che regala fermezza, sicurezza e gol. La sua concentrazione, il suo macinare metri e palloni, fanno immaginare una maturità arrivata a Napoli dopo stagioni altalenanti: con un pizzico di fortuna e con la sensibilità spallettiana, Anguissa, può davvero farsi simbolo dell'inversione di tendenza napoletana. Per ora guadagna fede e fiducia, divenendo l'eversore del centrocampo, quello che smonta i tentativi degli avversari e alimenta quelli del Napoli, una sintesi onnicomprensiva del ruolo di mezzo, con una irresistibile propensione bambinesca al dribbling. È l'improvviso calcistico, speriamo diventi la certezza.

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