È una notte esagerata. Luciano Spalletti se la gode alla sua maniera, ovvero senza fare voli pindarici. Ha ringraziato uno a uno i calciatori nel ventre di Marassi, pacche sulle spalle e qualche sorriso. Non ci può essere festa dopo cinque partite. Non vuole che ci sia. «Ospina è stato molto bravo nel primo tempo», ricorda come se fosse un avvertimento. Il Napoli ha triturato anche la Sampdoria dopo l'Udinese ma ha visto le streghe nel primo tempo. In una notte da esame vero, verissimo, e con il primo posto che Spalletti si riprende scavalcando Milan e Inter. La festa sotto la curva non piace a Luciano e oggi lo dirà alla squadra: dirà che non c'è proprio nulla da festeggiare anche se è bello vincere, giocare bene, attaccare. Non un rimprovero, ma un ritorno con i piedi per terra. Vanno bene i saltelli ma è ancora una corsa interminabile che attende il Napoli: «Mancano almeno 72 punti per essere certi di poter tornare in Champions». Forse una esagerazione, magari a 87 punti ci potrebbe essere altro. La notte di Genova è diversa da quella di un mese fa. Luciano non è sereno, ha visto un bel po' di cose che non hanno funzionato. Lo racconta a suo modo, senza apparire esagerato dopo un 4-0: «Nel primo tempo ci hanno schiacciato e per fortuna in quei cinquanta metri che ci hanno lasciato noi abbiamo lanciato Osimhen». Ha fatto, cioè di necessità virtù. Sul bus che porta all'aeroporto è lì al telefono con De Laurentiis, che lo chiama e si complimenta. Ma il primo pompiere è proprio il presidente.
Chissà se è Napoli, Spalletti, anche per poter assaporare la vendetta. Sull'Inter e sulla Roma che bene non lo hanno trattato. Qui non è per fare la comparsa. E non la sta facendo. Nessuno, prima di lui, aveva vinto cinque partite all'esordio sulla panchina del Napoli: Benitez si fermò a quattro, di Sarri al primo anno meglio neppure ricordare, Ancelotti già alla terza perse l'imbattibilità (proprio qui con la Sampdoria). Luciano ha incitato i suoi fino alla fine, neanche per un attimo ha mollato la presa sul povero Elmas («Che fai lì? Cosa stai pensando di fare?») perché sa che nulla è stato fatto. Anche se è bello star lì, Non è ancora il momento per lui di godersi la sua rivincita: si sente un uomo normale che ha avuto una storia straordinaria. Lo hanno soffocato negli ultimi anni: prima Totti, poi Icardi. Qui sembra in luna di miele ma non era così scontato. Ha vinto nel primo tempo studiando da Trap e nel secondo tempo studiando da Guardiola. Magari sta vincendo, semplicemente, vincendo da Spalletti. Non è mai andato giù agli scienziati del pallone, peccato che questa scienza non esista. E che adesso il Napoli è lì davanti a tutti: «La classifica non conta, magari c'è chi pensa che chi ha 7 punti in classifica è fuori dai giochi ma non è vero. È una cosa sbagliata e se lo dice lo fa per mettere pressione a chi sta davanti». Ovvero a lui e al Napoli.
Per diventare grandi bisogna vincere partite su campi difficili. E quello della Sampdoria lo è. Per questo è una prova stellare questa quaterna sulla ruota di Genova. Non era scontata e vedendo gli azzurri nel primo tempo neppure preventivabile. Terza partita senza prendere gol, Rrhamani che un po' alla volta ha preso il sopravvento su Manolas. «Sorrido per Osimhen e per i suoi gol ma anche per il suo impegno, la sua predisposizione a stare assieme al gruppo, a sacrificarsi per gli altri». Spalletti ha giocato per due volte dopo Milan e Inter e ancora una volta non ne ha sentito la pressione. Un altro segnale, quello che più temeva. Per questo la sua creatura adesso può considerarsi svezzata sul serio. Sente che questo Napoli è forte. Lo è nella testa. «Se siamo forti? Lo siamo, è un buon risultato. Ma la nostra migliore qualità è stata sicuramente il saper soffrire quando sono stati loro ad avere le migliori giocate. La nostra qualità migliore è il possesso ma non siamo riusciti a farlo nel primo tempo. A quel punto ci siamo dovuto arrangiare». Che poi, e Spalletti lo sa bene, quello di arrangiarsi è un arte. «A quel punto abbiamo puntato sulle verticalizzazioni. Più la Sampdoria ci ha montato addosso, e più abbiamo buttato le palle nel vuoto. E quelle sono palle non leggibili quando hai uno come Osimhen». Insomma, è sul campo di battaglia che ha deciso la strategia per poter domare i doriani. Mancano ancora in tanti. E lo sa che il ritorno di Demme, Mertens e Lobotka può dare energie in più. «Io non amo il turnover, Demme è fondamentale ma è chiaro che Anguissa, Zielinski e Fabian più giocano assieme e meglio è. Ma ora va bene così, poi tra qualche settimana magari la fatica si farà sentire. Per ora non abbiamo questo problema». Tradotto, pure con il Cagliari non ci saranno grosse rivoluzioni.