Napoli campione d'Italia, l’infinita emozione del paradiso azzurro

Lo show per la Coppa chiude a Fuorigrotta l’anno della gloria

La festa con Nino D'Angelo
La festa con Nino D'Angelo
Giuseppe Taorminadi Pino Taormina
Lunedì 5 Giugno 2023, 00:08 - Ultimo agg. 18:03
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Lo alza per primo al cielo il capitano, Di Lorenzo. «Siamo noi i campioni dell’Italia siamo noi». Ma poi uno alla volta gli eroi azzurri si impossessano di quel trofeo, la coppa dei campioni d’Italia, che luccica di gloria per stringerlo a sé. Ed eccoli i calciatori travolti da quel muro azzurro che arriva fino al cielo e che è un impasto di papà e mamme che hanno visto il grande Napoli di Maradona, di figli che hanno ascoltato scettici i racconti dei genitori, di padri che hanno subìto in ufficio da 33 anni tutti gli scudetti vinti da juventini, interisti e milanisti. Ora un po’ tutti possono far riposare la memoria e non tornare più così indietro: c’è questo attimo da ricordare per sempre, come la notte di Udine. Era il 4 maggio, ieri il 4 giugno. Un mese. Le notti dello scudetto. Il terzo.

Ma questo è un momento per tutti, perché è la festa del Napoli con il Napoli. Con la coppa alzata al cielo nella notte di Fuorigrotta da Di Lorenzo, al termine di un’avventura epica, iniziata nella totale indifferenza, in un clima da disfatta annunciata. Nessuno può scordare il vuoto e i fischi del 16 luglio nella piccola piazza di Dimaro, quando De Laurentiis disertò la presentazione della squadra perché sapeva cosa lo aspettava. E ora è giusto che stia qui, il presidente, in prima fila, ad accogliere gli applausi. Sul palco, con il ministro dello sport Abodi e il presidente della Lega Calcio Casini. Che cammino incredibile per arrivare fino a oggi, a questa incredibile festa. Tutto grazie all’omino che ha il fisico da modello che ancora può sfilare a Pitti Uomo e che appare commosso sul prato con i pugni chiusi come un neonato. 

Osannato al suo ingresso, come un trionfatore. La gente di Napoli lo adora, non c’era bisogno di aspettare il momento della consacrazione per capirlo. È stato il trionfo di Spalletti ma anche quello di Osimhen e Kvara: loro hanno fatto i gol ma Luciano ha fatto la squadra.

La gente lo sa. Si inchina a lui. E lui fa lo stesso. «Grazie», bisbiglia al presidente dopo aver preso la medaglia. Una festa, le lacrime di tanti, i sorrisi Osimhen con la bandiera della Nigeria, Kvara con quella della Georgia.  

Sono strane certe feste. Perché quando ci sono di mezzo degli addii sono sempre mezze feste. Ma è un’esplosione di colori, suoni, rumori, immagini, bandiere e persone. Tra gli ospiti Krol e Paolo Sorrentino, Paolo Cannavaro e il Pocho Lavezzi. In tribuna spuntano Vittorio Sgarbi e Alberto Angela. Le curve sono protagoniste, come nelle scenografie del 1987 e del 1990: la B fa calare un maxistriscione con la scritta “Città di Parthenope VII a.c.” e gli anni dei trofei più importanti, dalla coppa Italia del 1962 allo scudetto di oggi. C’è il volto di Maradona. Sì, questo è il suo stadio. E dall’altra parte, sopra la scritta “scatti di storia, pieni di gloria” vengono esposte una dopo l’altra le istantanee simbolo (Gela, Dnipro, Roma, Verona...) della Curva A. 

Lo stadio esplode di felicità, la vera festa è questa: iniziata un mese e mezzo fa e chissà quanto destinata a durare. I cori, le canzoni dei 53mila del Maradona non hanno bisogno, certo, di una direzione artistica. Aurelio De Laurentiis ha messo in scena un evento raro, quasi un veglione, con un parterre straordinario di ospiti, per rendere omaggio al suo primo scudetto in diretta nazionale, sulla Rai e sui maxischermi della città e di tutta la provincia. Ovviamente, se si montano schermi giganti e altoparlanti a ridosso del campo, assistere alla partita è compito arduo. Ma la partita non conta davvero nulla.

Talmente nulla che la Lega consente di mostrare la gara in diretta tv sui monitor giganti e Dazn di mandare in chiaro il secondo tempo. Segnano Osimhen (in campo la bimba di pochi mesi con la mascherina) e poi Simeone che tira fuori la maglia numero 10 di Maradona. Sugli spalti spunta anche lo striscione per Giulia, la mamma di Sant’Antimo uccisa assieme al figlio nel grembo. C’è il meglio del made in Napoli sul palco, con qualche contaminazione musicale assai gradita. Un elenco impressionante in nome del Napoli: inizia il sax di James Senese in una versione di ’O surdato nnammurato. E poi, in ordine sparso, Emma, Gigi D’Alessio, Enzo Avitabile, Silvio Orlando, Peppe Iodice, Alessandro Siani, Biagio Izzo, Lina Sastri, Nino D’Angelo, Arisa, Sal Da Vinci, Luché, Tony Esposito, Noa, Tullio De Piscopo, Clementino, Franco Ricciardi, Clementino, Andrea Sannino, Marisa Laurito, Massimiliano Gallo, Francesco Pierantoni e Serena Autieri. C’è Stefano De Martino a condurre. Quando inizia a cantare Nino D’Angelo “i ragazzi della Curva B”, nel cerchio del centrocampo, Spalletti e Politano si lanciano a capofitto verso di lui. Un assalto. E dietro il resto della squadra che si lascia andare a un girotondo con il povero Gaetano infortunato portato a spalla. Il sindaco Manfredi benedice il successo degli azzurri: «È un momento di grande rinascita sia economica che turistica e culturale della città». 

 

È tutto un contorno di applausi e di emozioni. Si inizia presto con l’omaggio del cuore, a Fabio Quagliarella, che gioca quella è la sua ultima gara in serie A nello stadio che doveva raccontare i suoi trionfi (che ovazione all’86’ quando esce). La partita sembra un contorno alla festa. Il Napoli ha due mezzi allenamenti, la Sampdoria non vede l’ora di mettersi alle spalle questa stagione da incubo. Nell’intervallo De Laurentiis sale sul palco e consegna il calco del piede sinistro di Maradona a Giorgio Armani e a Leo Dell’Orco. «Napoli mi fa pensare solo alla bellezza», dice Armani interrogato da De Laurentiis che festeggia così la partnership con EA7. Poi lo stesso dono a Nicola Arnone, patron di Acqua Lete, che non sarà più sponsor la prossima stagione. 

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C’è il ministro dello Sport Andrea Abodi con il presidente della Lega Casini per il rito delle consegne delle medaglie e della coppa dello scudetto. La cerimonia inizia alle 20.48: medici e staff in prima fila. Poi è la volta di De Laurentiis, dell’ad Chiavelli e del cda del Napoli, con i figli Edo e Valentina e la moglie Jaqueline. Ed ecco i calciatori. I fuochi d’artificio esplodono ovunque, in campo e anche fuori. I Queen con il loro “We are the champions” rimbomba emozionante. Non è iniziata ieri la festa dello scudetto, non finirà stanotte. Napoli se la godrà ancora a lungo. E fa bene.

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