Spalletti via da Napoli: «Sono stanco, ho bisogno di fermarmi: devo allenare mia figlia»

«Voglio stare fermo, nulla mi può far cambiare idea»

Luciano Spalletti
Luciano Spalletti
Giuseppe Taorminadi Pino Taormina
Martedì 30 Maggio 2023, 07:00 - Ultimo agg. 18:12
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«Ti lascio perché ti amo troppo». No, questa no. Luciano Spalletti non può mandare così all'aria due anni di progetti e un futuro pieno di sogni, lasciando il Napoli così, con queste parole. Vanno bene per Alessandro Siani (che ne fece un film nel 2006) ma non per giustificare un addio dopo uno scudetto che ancora è lì che odora di storia. Anche perché, come dice scherzando con Simona Rolandi, la giornalista Rai che conduce l'evento di Coverciano organizzato dall'Ussi e dal Movimento Cristiano Lavoratori del presidente Michele Cutolo, «può sembrare strano, ma anche nella vita ci sia lascia per il troppo amore». Per carità, non è strano. Stranissimo. Anzi, nella vita di tutti i giorni quasi sempre c'è un altro di mezzo. Ma Spalletti giura che non è così. «Non lo so cosa sia un anno sabbatico, ho detto a De Laurentiis che voglio stare fermo. Né con il Napoli né con un altro club. Voglio allenare solo mia figlia Matilde, ci devo stare insieme». De Laurentiis si prepara ai saluti, spera che sia tra buoni amici, come al termine di una festa che, grazie a Lucianone, è riuscita splendida. Emozionato e grato. Ma per spiegare la separazione serve altro che né Spalletti né il presidente vogliono tirar fuori. E allora aggrappiamoci a questo giro fantasioso lasciando perdere che Spalletti va via perché fa fatica stare in questo Napoli. E che De Laurentiis, dopo aver fatto vari tentativi, anche con ipotesi di rinnovo, ne ha preso atto. In cuor suo, pure felice. «No, nulla mi può far cambiare idea». Va bene, va via da trionfatore. Come Giulio Cesare e il suo veni, vidi, vici. Spalletti ha preparato il suo intervento davanti a una platea dove c'erano anche Danilo Iervolino, Joe Barone, Giovanni Carnevali e Cristiano Giuntoli.

Gianfranco Coppola, presidente dell'Ussi, prova a tenerlo a suo agio. Spalletti è arrivato a Coverciano domenica sera, direttamente da Bologna. E ha pure dormito nel centro tecnico federale (chissà se gli è venuta voglia di diventare un giorno ct dell'Italia). Spiega ancora: «Napoli merita il meglio, solo se uno conoscesse Napoli si renderebbe conto di cosa è il meglio in quella città. E al momento non sono pronto per questo, per potermi ripetere. Ho bisogno di riposarmi, mi sento stanco. Ho bisogno di staccare un po'. Sono felice che De Laurentiis lo abbia detto l'altra sera. Sembrava che stessimo a tirarla un po' lunga. Ora, se qualcuno vuole venire a infilarsi gli stivali, lo aspetto. Perché io non allenerò il Napoli o altre squadre. Starò fermo un anno». Non è dettaglio di poco conto: perché solo a questa condizione De Laurentiis firmerà la risoluzione del contratto. Ma con una penale: perché dovesse cambiare idea, avere la tentazione di tornare in panchina prima del 30 giugno 2024, dovrà discuterne con lui. «Non so cosa proverò quando li vedrò andare in ritiro senza di me o quando vedrò la loro prima partita giocata senza di me in panchina». Una sua scelta, una sua decisione. Si giustifica, ne ha bisogno, Forse per primo con se stesso. «Questo entusiasmo di Napoli ha indicato la strada per riempire gli stadi, per gioire del calcio. I tifosi hanno creato delle cose che emozionano. La città è una componente fondamentale per fare questo tipo di vittoria. Ci sono tre regole: calciatori forti; una società che ti sappia indicare calciatori forti e te li metta a disposizione, e Giuntoli è uno dei più bravi che io abbia mai avuto; il cuore della città. Ogni volta che andiamo in città ci randellano pezzi di cuore in campo e siamo costretti ad assorbire tutto questo amore e questo affetto». Tutto d'un fiato. Giuntoli è lì, in prima fila, ad ascoltarlo. Non sfugga un dettaglio che non è di poco conto: se il ds non si sentisse un separato in casa, ormai con la valigia e con la pazza voglia dopo 8 anni di andare via, avrebbe avuto buone chance di far fare dietrofront a Spalletti. «Alla mia età posso decidere di fare qualsiasi cosa. Quando si ha davanti una città come Napoli, che merita cose, bisogna domandarsi se siamo in grado di mettergliele a disposizione. Napoli non merita cose normali, merita molto di più. Napoli ha visto il giocatore più forte del mondo e allenatori fortissimi: quando si va a Napoli si va per vincere. Al primo anno non ci siamo riusciti e siamo stati criticati. E allora uno se lo domanda: sono in grado di fare questo? Quest'anno non sono in grado, per cui faccio un passettino indietro. Perché? Una delle questioni è che devo allenare Matilde, ho una figlia piccola e ci voglio stare un po' insieme.

Ho bisogno di riposarmi perché mi sento un po' stanco e voglio stare un po' da parte». Poi c'è il Milan e la Champions: «Sì, c'è rammarico, ma ci sono arrivato con troppe defezioni». Poi elogia i suoi eroi in maglia azzurra. «De Laurentiis aveva un dubbio sul Paese di provenienza...», dice togliendosi un sassolino dalle scarpe. «Facciamo tutto assieme, solo su Anguissa ha fatto tutto Giuntoli». 

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Il ds ritira il premio accompagnato dai suoi familiari. «Luciano ha fatto un grande numero, ha messo la testa dentro il carrarmato e ha portato lo scudetto. Abbiamo avuto coraggio e tempestività nel prendere certi giocatori, ma se ci siamo riusciti è solo grazie al suo lavoro». Un grande numero ha fatto pure Giuntoli. 

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