I veri «The Martian» della Nasa
pronti a tornare a casa

I veri «The Martian» della Nasa pronti a tornare a casa
Domenica 28 Agosto 2016, 23:13
3 Minuti di Lettura
Un anno come nel film The Martian, a sfruttare ogni conoscenza scientifica per sopravvivere all'isolamento su un pianeta ostile senza impazzire. Una cupola come casa e laboratorio, dove vivere 24 ore su 24. Una tuta spaziale come unica protezione per uscire all'esterno. Zero comunicazioni in tempo reale con il mondo. Sta per volgere al termine l'avventura dei sei ricercatori della missione 'Hi-Seas' della Nasa, isolati per un anno alle Hawaii per simulare una vera spedizione umana su Marte.

Questa sera alle 21 (ora italiana) lasceranno la grande cupola che è stata la loro 'casa spazialè sulle pendici del vulcano Mauna Loa, per tornare nei rispettivi Paesi d'origine con le valigie cariche di ricordi, dati scientifici e nuove abitudini 'marzianè. Lo racconta all'Ansa proprio uno di loro, il giovane astrobiologo francese Cyprien Verseux, ormai pronto per tornare a lavorare tra l'Università di Tor Vergata e il Centro di ricerca Ames della Nasa a Moffet Field, in California. Lo farà portandosi dietro un enorme bagaglio di esperienza e una forte convinzione: «Una missione spaziale su Marte è realistica nel prossimo futuro, le difficoltà tecnologiche e umane sono superabili».

Lo racconta a poche ore dalla partenza attraverso un'email, unico mezzo con cui può comunicare con il mondo esterno con un 'ritardo marzianò di 20 minuti (per simulare i reali tempi di trasmissione col Pianeta Rosso). In questo anno, Verseux è stato impegnato a studiare l'impiego dei batteri che fanno fotosintesi per convertire le poche risorse marziane in sostanze nutritive per le piante, un elemento fondamentale per la sopravvivenza dell'uomo. «I risultati sono molto incoraggianti - scrive il ricercatore - l'idea funziona!».

Anche i suoi compagni di viaggio si sono dati molto da fare: proprio come accade agli astronauti sulla Stazione spaziale internazionale (Iss), anche loro sono stati sperimentatori e cavie allo stesso tempo, e oltre a portare avanti i loro esperimenti scientifici, sono stati studiati per capire come il corpo e la mente umani reagiscono in condizioni estreme. «Il contenimento e l'isolamento a volte pesano», racconta Verseux. «Per un anno non sono stato all'aperto e non ho visto o parlato con nessuno al di fuori dei miei cinque compagni di squadra. I momenti più difficili sono stati quelli in cui è successo qualcosa a parenti o amici sulla Terra: non ho potuto essere lì per loro o chiamarli, ad esempio dopo gli attacchi terroristici a Parigi, che è la mia città natale, o quando uno dei miei nonni è scampato ad un tentato omicidio».

Rimangono comunque tanti bei ricordi, come «il primo giorno nella cupola, i regali di Natale sotto un abete di plastica traballante e decorato con nastro isolante, o le esplorazioni nei tunnel di lava». Due le cose che Verseux porterà con sé al ritorno da questo soggiorno marziano: «l'attenzione nel consumare le risorse, come acqua, cibo ed energia», e un ukulele, suonato tante volte nella cupola. «L'ho preferito alla chitarra per due motivi: innanzitutto è piccolo e compatto, l'ideale per un viaggio nello spazio, e poi al mio ritorno in Europa nessuno avrà delle aspettative quando lo prenderò in mano per suonarlo»
© RIPRODUZIONE RISERVATA