Apple, giudice Usa ordina di sbloccare l'iPhone dell'attentatore di San Bernardino: Cupertino si rifiuta

Apple, giudice Usa ordina di sbloccare l'iPhone dell'attentatore di San Bernardino: Cupertino si rifiuta
Mercoledì 17 Febbraio 2016, 09:57 - Ultimo agg. 18 Febbraio, 16:02
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Un giudice federale americano ha ordinato alla Apple di assistere l'Fbi ad accedere ai contenuti del telefonino dell'attentatore di San Bernardino, che lo scorso dicembre uccise quattordici persone. L'azione legale da parte dell'Fbi si è resa necessaria perchè i contenuti dell l'Iphone5 dell'attentatore sono protetti da una password e gli investigatori possono solo provare dieci combinazioni prima che vengano automaticamente distrutti.

Apple ha però comunicato l'intenzione di opporsi alla decisione del giudice. La richiesta di Washington di forzare il codice criptato di un iPhone, secondo l'azienda della Mela, creerebbe un «precedente pericoloso»: la decisione di «opporci a questo ordine non è qualcosa che prendiamo alla leggera. Riteniamo che dobbiamo far sentire la nostra voce di fronte a ciò che vediamo come un eccesso da parte del governo Usa». Così ha scritto l'amministratore delegato della Apple, Tim Cook, in un comunicato. Il governo americano ha chiesto alla Apple di rimuovere alcuni dispositivi di sicurezza da tutti gli iPhone del colosso di Cupertino in modo che le autorità possano accedere più facilmente ai dati degli utenti: si tratterebbe di creare una sorta di «porta segreta», una prospettiva che fa venire i «brividi», ha detto Cook.

Le autorità americane sono convinte che i dati contenuti nel telefono di Syed Rizwan Farook possano fare finalmente chiarezza su alcuni aspetti della strage di San Bernardino ancora molto misteriosi, e aiutare ad identificare eventuali complici e contatti. Per questo, hanno convinto il magistrato Sheri Pym di Riverside a emettere l'ordinanza nei confronti della Apple. Si tratta di un passo necessario affinchè il colosso di Cupertino, restio fino ad oggi, si attivi nella collaborazione. «Il governo - si legge nella mozione presentata al giudice - non è stato in grado di accedere ai contenuti criptati e Apple è l'unica ad avere le capacità tecniche per assisterlo alla ricerca, ma ha rifiutato di fornirla in modo volontario». È politica della Apple, infatti, obbligare gli investigatori a ottenere un mandato o un ordine del giudice, prima di fornire qualsiasi tipo di assistenza.
Secondo gli investigatori la Apple sarebbe in grado di disattivare la funzione di protezione dei contenuti così da permettere agli investigatori di tentare l'accesso utilizzando infinite password o provando a decriptare i contenuti. I dati immagazzinati nel cellulare però dovranno essere decriptati direttamente dall'Fbi, visto che nemmeno la Apple - a quanto pare - sarebbe in grado di riuscirci. Questa sentenza si inserisce in un dibattito già molto acceso tra la Casa Bianca e i giganti di Internet. Da una parte il governo in caso di violazioni della legge, tali o presunte, vorrebbe libero accesso ai dati contenuti nei telefoni, computer e tablet dei soggetti in questione, ma Google, Apple, Facebook e tutti i guru della Silicon Valley sono nettamente contrari. Di recente c'è stato un incontro per trovare un terreno comune che possa permettere agli investigatori di ottenere informazioni critiche su possibili attacchi terroristici, senza però compromettere la privacy dei clienti delle compagnie informatiche, ma la strada che divide la privacy tecnologica degli utenti e gli interessi dei governi è ancora molto lunga e tortuosa.


L'outsider repubblicano per la Casa Bianca Donald Trump ha attaccato l'azienda di Cupertino:
«Concordo al 100% con la corte. In questo caso, dovremmo aprirlo», ha dichiarato il tycoon alla trasmissione "Fox and Friends", riferendosi alla richiesta di un tribunale alla società californiana di consentire agli investigatori di accedere all'iPhone di uno degli autori della strage. «Chi credono di essere, devono aprirlo», ha incalzato. Il magnate ha invitato ad «usare le nostre teste», il «senso comune»: «qualcuno giorni fa mi definiva un conservatore di senso comune. Dobbiamo usare il senso comune».
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