Clubhouse, il primo social che non ti guarda in faccia

Clubhouse, il primo social che non ti guarda in faccia
di Bruno Majorano
Mercoledì 17 Febbraio 2021, 12:00 - Ultimo agg. 13:04
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7 settembre 1979, il gruppo musicale britannico The Buggles spiattella senza troppi giri armonici e di parole quella che a tutti gli effetti è già la rivoluzione sociale imperante del momento. «Video killed the radio star». Severo ma giusto. Perché a cavallo tra i gloriosi anni 70 e i ruggenti anni 80, quella gigantesca (a pensarci ora fa quasi impressione, ma era così) scatola rettangolare stava facendo prepotentemente capolino nelle case di tutto il mondo. E allora le voci: calde, intense e coinvolgenti che avevano dominato in lungo e largo il panorama radiofonico di quei tempi, stavano via via per essere sostituite quasi in toto dai volti giovani, belli e sbarazzini della tv. Un'innovazione così travolgente da ricordare quella della ruota. 

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A distanza di oltre 40 anni il mondo è cambiato ancora e con esso è cambiata la società. Quegli scatoloni giganti che prima dominavano la scena nelle case di tutti, sono stati sostituiti da scatolette decisamente più piccole. Così piccole da poter essere gestite con il palmo di una mano. Con l'arrivo degli smartphone la vita è cambiata e di conseguenza anche le abitudini. Le star della tv sono state sostituite da quelle dei social, facendo la stessa identica fine delle voci radiofoniche degli anni 60-70. Ma nella rivoluzione digitale c'è sempre una speranza. Un qualcosa di nuovo, che non ti aspetti, e che da un momento all'altro può sovvertire ancora gli equilibri. Il giorno 1 di questa nuova era è da ricercarsi nell'aprile del 2020, ovvero quando negli Stati Uniti è stato creato Clubhouse.

Si tratta di una nuova piattaforma social che da dicembre scorso è sbarcata anche in Italia. La novità? Addio foto, video e immagini: a farla da padrone sono la voce e i contenuti. Perché al netto di un'immagine del profilo poco più grande di una falange, tutto ciò che puoi apprezzare degli altri iscritti è la voce. Su Clubhouse, infatti, si parla. Come dice il nome stesso della app (al momento disponibile solo per dispositivi iOs di Apple) si tratta di un club, e come tale per accedervi bisogna ricevere un invito. Non sono ammessi profili professionali, ma solo profili personali, quindi il vostro interlocutore non potrà essere McDonald's, ma direttamente un suo dirigente. 

 

In Italia il boom di Clubhouse si è iniziato a registrare da qualche settimana, anche se i pionieri (sbarcati già dai primi del 2021) rivendicano il diritto di veri e propri antesignani. Il concetto, però, è semplicissimo. Si possono creare delle stanze virtuali (comunemente definite room) all'interno delle quali ci sono tre categorie di persone: moderatori, speaker e ascoltatori. I primi sono quelli che creano la room, stabiliscono l'ordine degli interventi e soprattutto invitano gli speaker a salire sul palco virtuale e a prendere la parola. Il resto della stanza è popolata da uditori, che ascoltano certo, ma all'occorrenza possono chiedere la parola con il metodo più antico del mondo: alzando la mano (ovvero pigiando su un apposito bottoncino della app). Il fenomeno ha riscosso un grandissimo successo, perché si tratta del primo social in cui a fare la differenza non sono le foto (troppo spesso photoshoppate) ma le voci. Si parla, ci si confronta e ci si arricchisce, perché chiunque ha qualcosa da dire e da dare alla conversazione. Ogni room ha un titolo (topic), e dalla home principale ogni utente può vedere chi sta partecipando alla discussione. Se ne trovano di ogni tipo: dai bitcoin al fantacalcio, dalla politica all'educazione sessuale. Di tutto un po'. Ovviamente poi ci sono le stanze più stravaganti, come le così dette «Vetrine»: stanze «mute» all'interno delle quali si sta in silenzio e ci si scambia i follower, un vero controsenso per un social che si basa sulla parola. Poi c'è il «Bombo o passo», versione virtuale di Uomini&Donne di Maria De Filippi: ragazzi e ragazze (quasi tutti under 20) che basandosi sulla semplice fotina-francobollo decidono se iniziare una conversazione privata altrove. Ovviamente, poi, un fenomeno del genere non poteva che coinvolgere innumerevoli Vip. E allora non mancano le room con Fiorello mattatore o la simpatia di Michelle Hunziker. Andrea Scanzi tiene le sue stanze di politica e non solo; Morgan e Calcutta hanno già trovato modo per litigare in diretta, mentre Nek ha partecipato da ospite inatteso alla room creata per gioco «Intervista a Nek, senza Nek». Insomma, alcuni partecipano, altri ascoltano, altri disturbano. Di tutto un po'. Ma una cosa è certa: a distanza di 42 anni ci ha pensato un social a rispondere ai The Buggles, perché le radio star, adesso, possono davvero tornare in vita.

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