Effetto Clubhouse: da Twitter a Linkedin tutti vogliono copiarlo

Effetto Clubhouse: da Twitter a Linkedin tutti vogliono copiarlo
di Antonio Menna
Martedì 6 Aprile 2021, 09:00 - Ultimo agg. 18:25
5 Minuti di Lettura

«In una reazione chimica nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma», diceva nel Settecento il chimico francese Lavoisier. E non aveva visto Internet, quel luogo dove nessuno inventa niente ma ognuno aggiunge un pezzo a quello che c'era già. Come con le grandi tecnologie, la vera invenzione è quella iniziale. Poi si avanza a copie e piccoli strappi. Ci si studia, ci si osserva, ci si smonta, ci si rimonta, e alla fine arriva la nuova scoperta che ha sempre un sapore antico. Prendi un dettaglio, allargalo, fallo esplodere e fa sembrare nuovo quello che è vecchio, addirittura geniale quello che in fondo, pensandoci bene, è banale. Non ha fatto così forse anche Clubhouse, l'ultima grande trovata social, andata per la maggiore un paio di mesi fa (ere geologiche) e già in crisi? Prendi la voce, uno degli elementi, e fanne un uso esclusivo. Nasce così il network di solo audio: un'app con stanze sonore dove non si fa che parlare. Gente che ragiona, gente che ascolta, gente che prende la parola, gente che dà la parola. Ma poiché nulla si crea e nulla si distrugge, la voce ora, all'improvviso, è l'ossessione di tutti i social.

Scoppia la concorrenza, infatti, proprio a Clubhouse. Se voce deve essere, che voce sia. Ha cominciato Telegram, il servizio di messaggistica istantanea (per canali) arrivato dopo Whatsapp, a sua volta arrivato dopo altri client di messaggi. Si chiama Voice Chat 2.0, ed è la possibilità di aprire all'interno di Telegram anche canali esclusivamente audio.

Voce, parole, conversazione. Proprio come su Clubhouse, ma senza Clubhouse. Si avanza per scatti, si diceva. E ogni scatto deve togliere o aggiungere. Qualcuno dice migliorare. Forse è vero. Si impara dagli altri e si consegna ad altri ancora. Ma per lo più ci si differenzia per restare in scia. Così Telegram a differenza di Clubhouse -, consente ai partecipanti di restare «anonimi»: si vede che c'è qualcuno in ascolto ma non si sa chi è. Niente nickname e niente nome. Che brivido! E per aggiungere pepe, si introduce la possibilità di registrare e mandare in differita. Altri aggiornamenti grafici, un po' di colore, qualche tocco di originalità e l'imitazione è servita. Con qualche grammo di veleno nella coda, però. Clubhouse è nata solo per utenti IOS (iPhone, per intenderci) e vi si poteva accedere solo per inviti di altri iscritti. Un vero club, appunto, con quella matta voglia di elite. Voice Chat di Telegram, invece, approda su Android e libera l'accesso dagli inviti. Anonima e popolare, che ghiottoneria. Ovviamente, saputa la notizia, Clubhouse corre ai ripari e fa la stessa cosa. Piattaforma e accessi liberi.

Video

Qualche giorno prima di Telegram, del resto, ci aveva pensato anche Twitter, il principe dei social di parola che per tentare di uscire dalla crisi da un po' cerca nuove, inutili, strade: a poco è servito aver raddoppiato i caratteri a disposizione del cinguettio, ora arriva la voce, arriva Spaces, la chat audio, le stanze sonore. Difficile trovare le differenze, facile trovare le similitudini, se non dentro una grande cautela. Versione beta, fase sperimentale. Vediamo come va, e se non va stiamo a guardare. Marchiamo il territorio, come i gatti. Stessa cosa, stesso percorso anche per Linkedin, il social Microsoft nato per creare relazioni sul mondo del lavoro e ben presto diventato una sorta di social ombra: l'home come Facebook e adesso le stanze sonore come Clubhouse. E il suono con Stage Channels - è approdato anche, immancabile, su Discord, la chat americana nata come piattaforma per appassionati di videogame (a sua volta creata col vecchio sistema dei canali Irc) e diventata una base per la formazione di comunità tematiche di ogni genere. A rincorrere, col fiato corto, ancora una volta è Facebook, poverino, che da un po' segna il passo (il social dei vecchi, lo chiamano i ragazzi su Tiktok). Mark Zuckerberg avrebbe testato di persona una piattaforma di sola voce e vorrebbe lanciarla sulla chat di Messenger come novità assoluta. Che novità, però, non è. Del resto novità non erano nemmeno i Reels su Instagram: filmati veloci, identici in tutto e per tutto ai video di Tiktok, il social cinese che ha ormai preso il sopravvento sui più giovani (dai 25 anni in su ti chiamano vecchio). E le stories su Facebook? Furono create subito dopo che Instagram inventò i filmati brevi da inserire nel proprio profilo con gif, canzoni, frasi, immagini che hanno rilanciato il social degli scatti, interfacciandolo alla perfezione con il marketing e generando di fatto il fenomeno commerciale degli influencer (che funzionano su Ig ma non su Fb). Io ho un'idea, tu mi rincorri, io faccio, tu provi a fare meglio. Si inventa e si copia, non si crea, non si distrugge, è la Rete, signori. In fondo, nulla di nuovo. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA