Privacy, il garante detta le linee guida: «Non è ostacolo, dati sono frammenti della nostra libertà»

Privacy, il garante detta le linee guida

Privacy, garante: «Non è ostacolo, dati sono frammenti della nostra libertà»
Privacy, garante: «Non è ostacolo, dati sono frammenti della nostra libertà»
Domenica 4 Luglio 2021, 10:38 - Ultimo agg. 5 Luglio, 09:44
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«La privacy non deve essere guardata come un ostacolo ma come un accompagnamento alla persona, quando si tratta di intaccare quei dati che sono frammenti della nostra libertà». Così il garante per la Protezione dei dati personali Pasquale Stanzione, intervistato nei giorni scorsi dal direttore dell'Adnkronos Gian Marco Chiocci nel corso di 'Link's Talk' alla Link University di Roma. Per Stanzione «serve una sorta di ampliamento e diffusione della cultura della privacy, vale a dire rendere partecipi e consapevoli i cittadini che la difesa della privacy non è un ostacolo, non è un impaccio, vale a dire una difficoltà da frapporre né alla pubblica amministrazione né ai privati ma è una sorta di accompagnamento a ciascuno di noi perché possiamo avere la consapevolezza dei nostri diritti e dei nostri dati».

«Anche quando ci iscriviamo a diverse piattaforme in maniera gratuita dobbiamo sapere che la controprestazione siamo noi che stiamo dando i nostri dati che verranno poi utilizzati - aveva aggiunto - E allora una formazione in tal senso porterà ad attenuare fenomeni esecrabili come quello del revenge porn. Il problema che ci siamo posti dal punto di vista del garante è di prevenire e dire alla piattaforma, guarda che è arrivata una foto compromettente, bloccala, perché non vi è il mio consenso al riguardo». Rispetto alla pandemia Stanzione aveva spiegato che «noi dobbiamo bilanciare la libertà della persona con la democrazia e dunque fare in modo che nessun diritto né quello alla salute ma neppure quello alla privacy siano diritti tiranni: il problema è di bilanciarli tra loro, cosa che in questa pandemia è avvenuto». Sulla videosorveglianza il garante aveva sottolineato che «la libertà delle persone significa potersi muovere senza essere condizionate e un condizionamento può essere il fatto stesso di sapere che si è sorvegliati attraverso una telecamera».

«Noi dobbiamo essere avvertiti del fatto che la tecnica talvolta cerca di opprimere, di superare la libertà individuale ma non tutto ciò che è tecnicamente possibile è giuridicamente lecito e moralmente ammissibile - aveva detto - Molto spesso la sorveglianza, la profilazione, costituiscono degli elementi di limitazione della persona estremamente invasivi perché attengono ai dati biometrici della persona: il volto, le emozioni, l'atteggiamento, il comportamento, sono tutti fattori biometrici che in una sorveglianza di massima possono determinare una limitazione fortemente intollerabile della libertà personale».

Quanto alla pubblicazione di atti giudiziari, il garante aveva chiarito che »non devono essere portati alla conoscenza indiscriminata del pubblico perché in questo modo facciamo una cosa che dal punto di vista giuridico non va proprio bene. Nel senso che nella nostra Costituzione è scritto il principio fondamentale della presunzione di innocenza.

Viceversa quando gli atti giudiziari sono portati indebitamente all'attenzione dei mass media, noi andiamo nell'opposto ovvero nella presunzione di colpevolezza, cioè stiamo facendo un processo mediatico senza avere quelle garanzie di difesa che nel processo ci sono». «Inoltre - aveva aggiunto - divulgando atti giudiziari che dovrebbero essere ancora confinati nel chiuso di una valutazione del giudice priviamo quest'ultimo della verginità di conoscenza che dovrebbe avere per garantirgli quella terzietà che gli riconosce il sistema ovvero di non essere condizionato dal processo mediatico».

Sull'aumento dei rischi che arrivano dal web per i minori, cresciuti durante la pandemia, Stanzione aveva spiegato che «una delle principali missioni e funzioni del garante per la protezione dei dati personali è garantire la protezione dei dati di tutti ma in particolare delle persone vulnerabili e tra queste occupano una posizione evidentemente principale i minori». «Ora noi abbiamo svolto già qualche iniziativa a riguardo, come il provvedimento che abbiamo preso nei confronti di Tic toc, bloccandolo provvisoriamente e inducendolo a garantire che la fruizione di questa piattaforma avvenga soprattutto da parte di soggetti che o abbiano 14 anni, il minimo richiesto dalla nostra normativa, oppure che qualora siano più piccoli siano accompagnati o presi per mano dai genitori in modo da evitare eventi luttuosi che ben ricordiamo», aveva aggiunto. «Dunque il problema è quello della verifica dell'età, che è difficile da individuare, perché assistiamo a false rappresentazioni e risposte - aveva sottolineato - E allora il problema si sposta sul lato tecnico perché la verifica dell'età sia fatta opportunamente. Però devo aggiungere che qui c'è anche un invito a responsabilizzare i genitori, che accompagnino di più nella fruizione di questi strumenti i loro figli minori.

«Non siamo contrari a una sorta di comunità digitale ma il problema è di renderla più ospitale e meno carica di illeciti - aveva chiarito - Il discorso è di una paideia digitale, cioè di una formazione che porti ad avere la consapevolezza che chi sta facendo il famoso click sta dando l'autorizzazione a che un pezzo della propria libertà possa essere utilizzato in maniera illecita». Rispetto al riconoscimento facciale, aveva chiarito, «il Sari Real Time è una profilazione facciale indiscriminata e generalizzata, ciò significa che se si fa una manifestazione in cui intervengono tre milioni di persone significa che anche il povero passante che sta lì ai bordi viene senza il suo consenso profilato, cioè fotografato e bloccato nel suo dato personale che è quello del volto e della manifestazione emozionale. Una restrizione in ambito poliziesco deve garantire la sicurezza pubblica ma anche la dignità della persona». «Il riconoscimento facciale necessita di una specifica previsione normativa - aggiunge - Molte attività sono ammissibili ma alla base ci deve essere una precisa attività del Parlamento che preveda le modalità, la finalità dell'uso e la temporalità. Perché con il riconoscimento facciale indiscriminato si andrebbe verso uno stato di Polizia».

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