Se c’è un settore dove l’Italia straccia tutti in Europa è l’economia circolare.
Il suo tasso di circolarità dei materiali è al 20,8%, contro l’11,8% della media Ue, al di sopra di grandi nazioni come la Francia (17,6%), la Germania (13,9%), la Spagna (8,5%). Ma a fronte di questa performance virtuosa, ancora la penisola stenta a tradurlo in risultati competitivi, con una dipendenza ancora molto forte per le importazioni dei materiali che si attesta al 48% contro una media dei Paesi Ue che è arrivata al 22%. Questo è quanto emerso nel corso del Forum Erion sui modelli circolari per la crescita organizzato a Roma, durante il quale si è fatto il punto sullo stato della circolarità del Paese. Dunque, il rispetto dell’ambiente può viaggiare di pari passo con la crescita economica e il mondo delle imprese.
I NUMERI
Erion è un sistema multiconsortile no-profit che si occupa della gestione di diverse tipologie di rifiuti: dai prodotti elettronici alle batterie, dagli imballaggi ai mozziconi di sigarette fino ai prodotti tessili. Erion nel 2024 ha permesso di gestire 268.350 tonnellate di rifiuti, di cui 237.728 di Raee domestici, 4.358 di Raee professionali, 5.719 di rifiuti di batterie e 20.545 di rifiuti di imballaggi per un totale di 131.603.424 euro di valore economico generato. Numeri che fanno capire bene quale sia oggi il valore di questo genere di settore e di come l’economia circolare possa essere centrale. Per Andrea Fluttero, presidente di Erion, «a livello europeo stiamo cercando di capire come coniugare il green con l’industrial, quindi come la sostenibilità possa tenere una spinta concorrenziale». «La circolarità non può più essere vista soltanto come un obiettivo ambientale - ha detto Danilo Bonato, direttore Sviluppo Strategico e Relazioni Istituzionali di Erion - va intesa come asset industriale strategico per rafforzare l'autonomia produttiva europea, creare nuova occupazione e accelerare la decarbonizzazione. Operiamo in un quadro normativo troppo frammentato e complesso, che scoraggia le imprese e ostacola la circolazione dei rifiuti da cui ricavare materie prime critiche». Secondo il consorzio, sono cinque le leve strategiche da rafforzare proposte per colmare il gap: sviluppare una politica di filiera integrata per la gestione dei rifiuti; dare vita a un mercato unico dei rifiuti, costruire modelli di raccolta efficienti ed armonizzati; valorizzare le competenze dei sistemi Epr (cioè quelli legati alla responsabilità estesa del produttore), incrementare la cultura dell'economia circolare. Come sottolineato anche da Marco Ravazzolo, direttore dell’area Politiche per l’Ambiente e l’Energia di Confindustria è necessario abbattere le barriere commerciali nell’Ue proprio per i materiali riciclati.
IL PROCESSO
Per Antonio Misiani, responsabile Economia e Finanze, Imprese e Infrastrutture del Partito democratico, «abbiamo tanti passi da fare e dobbiamo accelerare il processo. In primo luogo, abbiamo bisogno di politica industriale verde per aiutare tutte quelle imprese che hanno deciso di investire sull'economia circolare con incentivi fiscali, modulazione dell'eco contributo. Importante poi anche ottenere una vera semplificazione delle normative e maggiore certezza del diritto, perché le aziende devono avere certezza di operare nel giusto senza incorrere in controindicazioni legali tra chi fa impresa e chi fa le leggi. E poi bisogna investire sulla formazione delle nuove competenze perché la domanda e offerta di lavoro passa anche attraverso l'economia circolare».
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