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L'altra energia, niente emissione di gas serra con luce e chimica

di Francesco Bisozzi
Articolo riservato agli abbonati
Mercoledì 19 Ottobre 2022, 12:09 - Ultimo agg. : 20 Ottobre, 08:21
4 Minuti di Lettura

Obiettivo: decarbonizzazione. Quest’anno l’Eni Award per la transizione energetica è andato a due ricercatori del Texas, Naomi Halas e Peter Nordlander della Rice University, che hanno sviluppato nuovi sistemi catalitici e dispositivi in grado di sfruttare l’energia della luce per produrre idrogeno e non solo.

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«Le emissioni di gas a effetto serra sono molto elevate perché utilizziamo i combustibili fossili per produrre reazioni chimiche ad alte temperature – spiega la coppia di studiosi – Il nostro catalizzatore antenna reactor permette di eseguire reazioni chimiche a temperature inferiori di centinaia di gradi rispetto a quelle attualmente utilizzate nell’industria». Con quali risultati? «In questo modo possiamo impiegare energia elettrica e rivestimenti allo stato solido per eseguire reazioni chimiche a temperature molto più basse – prosegue Naomi Halas – Questa nuova fonte di energia per la chimica ci permette di ridurre drasticamente la quantità di gas a effetto serra emessa durante i processi chimici». Negli ultimi 6 anni Eni ha investito sulla ricerca e lo sviluppo di tecnologie proprietarie oltre 7 miliardi di euro, rafforzando i propri centri ricerche e stringendo solide collaborazioni con più di 70 università e centri di ricerca nazionali e internazionali. Gli Eni award, nati nel 2008 come esempio di sostegno all’innovazione tecnologica, sono diventati nel corso degli anni un punto di riferimento per la ricerca scientifica applicata all’energia.

Naomi Halas e Peter Nordlander della Rice University al Quirinale con il Capo dello Stato Sergio Mattarella, l'ad di Eni Claudio Descalzi e la presidente Lucia Calvosa

GLI ESEMPI

Tra i premiati di quest’anno figura anche il professore della Cornell University dello Stato di New York, Geoffrey Coates, che si è distinto nella categoria dedicata alle soluzioni ambientali avanzate. «La plastica – esordisce il professore statunitense – è un materiale straordinario, usato per mille scopi, avvolge i nostri cibi, trasporta la nostra acqua e ci protegge durante le pandemie con mascherine e visiere protettive. Ma purtroppo ha un notevole impatto sull’ambiente: a livello mondiale solo il 10% della plastica viene riciclato, mentre il resto viene incenerito o smaltito in discarica o, peggio, disperso nell’ambiente». Come se ne esce? Il recente lavoro del professor Coates ha dato un contributo fondamentale nell’aprire la strada verso lo sviluppo di soluzioni scientifiche e tecnologiche per minimizzare l’impatto negativo sull’ambiente dei materiali polimerici e delle plastiche. Le soluzioni individuate da Coates si basano sullo sviluppo di nuove metodologie per il riciclo chimico dei polimeri e sulla riprogettazione dei polimeri, definendo fin dall’inizio del processo industriale delle facili procedure di gestione del loro fine vita.

 Il professore della Cornell University dello Stato di New York, Geoffrey Coates

Agli Eni award per il secondo anno sono state premiate inoltre tre startup con la menzione speciale “Eni Joule for Entrepreneurship”. Joule è la scuola di Eni per l’impresa. La startup SinergyFlow, per esempio, ha ideato una batteria innovativa per l’accumulo energetico stazionario di media e larga scala. La batteria a celle di flusso impiega scarti ricchi in zolfo dell’industria petrolchimica, con un costo di installazione ridotto e prestazioni elevate. «L’idea per una nuova impresa può nascere veramente in mille modi – racconta l’ad di SynergyFlow Alessandra Accogli – In questo caso tutto è partito dal mio progetto di dottorato. Abbiamo ideato un dispositivo in grado di accumulare energia elettrica per lunga durata per poter essere abbinato con le fonti rinnovabili. Viste le caratteristiche particolari di questo dispositivo, abbiamo poi intercettato un’esigenza del mercato e abbiamo deciso di sviluppare la batteria tramite una startup». In Italia, è il caso di ricordarlo, soltanto due imprese su dieci sono a guida femminile e questo rapporto si riduce ancora di più se si focalizza lo sguardo sulle giovani aziende di deep tech.

Il premio all’ad di SynergyFlow Alessandra Accogli

LA COMMISSIONE

Nella commissione esaminatrice degli Eni Award – noti anche come i Nobel dell’energia – siedono scienziati che appartengono ai più avanzati istituti di ricerca a livello mondiale. Negli anni la commissione ha visto la partecipazione di sei premi Nobel. Per la sezione “Frontiere dell’energia”, dedicata alle ricerche sulle fonti rinnovabili e sullo stoccaggio dell’energia, il prestigioso premio è stato assegnato a Jens Nørskov e Ib Chorkendorff della Technical University of Denmark per il loro lavoro sulla produzione sostenibile di carburanti e prodotti chimici. Hanno sviluppato un processo elettrochimico ciclico, attivato da energie green e mediato dal litio, per la produzione di ammoniaca a temperatura e pressione ambiente. Altra sezione di respiro internazionale è quella dedicata ai giovani talenti dall’Africa: i premiati hanno ricevuto una borsa di studio per frequentare i corsi di dottorato di ricerca presso il Politecnico di Torino e l’Università “Federico II” di Napoli. Poi, per la categoria “Giovane ricercatore dell’anno”, sono salite sul podio Isabella Fiorello, che ha sviluppato mini-robot ispirati alle piante rampicanti che aprono la strada verso nuove strategie sostenibili e intelligenti applicabili all’agricoltura di precisione, e Giulia Fredi. Quest’ultima ha condotto uno studio su materiali compositi polimerici che combinano elevate proprietà meccaniche alla capacità di immagazzinare e rilasciare calore per applicazioni nell’ambito dell’accumulo di energia termica.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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