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Intelligenza artificiale e creazione artistica, nelle opere dell'Ai non c'è innovazione

di Fabio Babiloni
Articolo riservato agli abbonati
Mercoledì 16 Novembre 2022, 10:31 - Ultimo agg. : 17 Novembre, 07:01
5 Minuti di Lettura

La creatività artistica è tradizionalmente concepita come un'attività peculiare umana, tuttavia nell’ ultima decade tale assunzione è stata sfidata dallo sviluppo di algoritmi di intelligenza artificiale (AI) in grado di generare melodie musicali, testi letterari e poesie (ad es. dei brevi componimenti noti come haiku) così come di generare quadri figurativi ispirati a diversi periodi artistici (impressionismo, etc etc).

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Queste applicazioni dell’AI nel campo della “creazione” artistica hanno ricevuto tanti consensi quante critiche, spesso anche legate alla percezione di sopraffazione percepita dagli autori umani di fronte alla quantità di contenuti generati dall'AI, e al loro senso di frustrazione di fronte a tali output. Un problema relativo all'applicazione dell'AI in molti campi della conoscenza è dato dalla scarsa fiducia verso tale tecnologia espressa dai suoi possibili utenti, poiché le decisioni generate dell'AI sono spesso percepite come imprevedibili e incomprensibili per gli umani. Infatti, negli algoritmi di decisione dell’AI possono essere annidati diversi pregiudizi, in quanto tali algoritmi sono basati sulla effettiva disponibilità di una larga messe di dati da impiegare per il loro addestramento. Il punto critico è che spesso tali dati non sono omogenei nella loro rappresentatività di gruppi sociali o di genere e di etnie diverse, creando quindi in tal modo una distorsione di giudizio per le AI nei loro criteri di decisione. Tuttavia, nonostante le critiche, le opere d'arte delle AI sono state riconosciute come opere d'arte di rango, esposte nei musei e vendute per migliaia di dollari. Le AI sono quindi considerate dal mercato veri e propri esecutori di opere estetiche, anche se i corrispettivi economici delle vendite vanno ai loro “padroni” e creatori. Ma le persone, destinatarie ultime di tali opere estetiche delle AI, sono propense ad accettare tali “creazioni” artistiche? Oppure oppongono un rifiuto conscio ed inconscio a tali artefatti? Fino a che punto siamo in grado di accettare una AI che genera contenuti artistici? Diverse ricerche scientifiche sono state condotte dal gruppo di ricerca della università Sapienza che coordino in collaborazione con la dott.ssa Giulia Cartocci, la startup universitaria BrainSigns e con il collettivo di artisti e ricercatori di Numero Cromatico guidati dal dott. Dionigi Mattia Gagliardi per dare una risposta a tali interrogativi. L’obbiettivo era quello di capire le reazioni emozionali delle persone di fronte ad una supposta AI in grado di generare prodotti nel campo figurativo o letterario, prodotti percepibili quindi come vere e proprie “opere d’arte”. Per andare oltre la dichiarazione verbale delle persone, che poteva essere falsata da questioni di convenienza e desiderabilità sociale, abbiamo misurato direttamente la loro percezione cerebrale ed emozionale durante l’osservazione o la lettura di creazioni artistiche prodotte dalla AI. Tali misurazioni si sono avvalse di strumenti non invasivi semplici da impiegare, quali caschetti da indossare per la misura dell’attività cerebrale o orologi misuratori del battito cardiaco e dello stato di ansia della persona mediante la valutazione della conduttanza cutanea.

LO STUDIO

Da tali misurazioni i ricercatori potevano inferire alcuni stati emozionali e cerebrali delle persone in relazione alla visione e/o lettura di opere d’arte prodotte dalla AI. Sono stati raccolti dati in occasione di diversi eventi artistici, come per esempio la fiera ARTVERONA, in cui ad un centinaio di persone è stata misurata l’attività emozionale durante la visione di due opere figurative astratte dette essere prodotte una da una AI e l’altra da un artista umano. I risultati hanno mostrato che il pubblico “percepiva” come meno piacevole il quadro il cui autore dichiarato era l’AI rispetto a quello fatto dall’umano. Ma non era una questione di gusti artistici, dato che entrambi i quadri in realtà erano prodotti dalla stessa persona umana! Ciò ha dimostrato che non solo siamo di fatto influenzati dalla conoscenza dell’autore di un’opera, ma anche che il nostro giudizio emozionale è più negativo per opere che pensiamo essere frutto di un’AI rispetto che a quella fatta da un umano. La situazione è però essere leggermente diversa nel caso di AI che possano generare contenuti letterari. Nel corso di uno studio durato 3 mesi presso una mostra su Dante all’accademia dei Lincei a Roma (“La ricezione della Commedia dai manoscritti ai media”) ai visitatori erano stati fatti vedere dei testi di poesia, di narrativa e di informazione giornalistica dicendogli che erano stati prodotti alternativamente da autori umani oppure da una AI specializzata. La reazione emozionale e cerebrale dei visitatori all’Accademia dei Lincei ha descritto chiaramente come le produzioni “artistiche” della AI nel campo della poesia e della narrativa erano contrassegnate da un giudizio negativo su queste, contrapposte a quello positivo verso le opere supposte essere realizzate dagli autori umani. Questo risultato è in linea con il giudizio negativo espresso dai visitatori di ARTVERONA nei confronti dell’AI per l’arte figurativa. Però, ed è questo un dato altrettanto interessante, è stato visto come gli stessi visitatori dessero un giudizio emozionalmente e cerebralmente positivo delle notizie di cronaca riportate come prodotte dall’AI. Se ne deduce che fintanto che la macchina (l’AI) si comporta da macchina la nostra percezione nei suoi confronti rimane tranquilla ed utilitaristica. Nel momento in cui invece “invade” il campo della creazione artistica genera ansia ed inquietudine. Come nota personale, esterna ai dati proposti in questo articolo ottenuti in sperimentazioni scientifiche, vorrei sottolineare che dato che le AI vengono “addestrate” su contenuti già esistenti, queste non possono che generare artefatti (musicali, estetici, letterari e figurativi) che necessariamente propongono versioni rielaborate , anche se originali, di tali contenuti. Ma tali AI non possono in nessun modo realizzare un “salto” innovativo relativamente ai contenuti estetici così come hanno fatto invece gli artisti nel corso dei secoli. Infatti, addestrando su tutti i quadri dell’impressionismo una AI quest’ultima non potrà generare quadri astratti alla Pollock, ma invece quadri potenzialmente contemporanei a quelli di Monet & co. L’obbiettivo di generare una AI dotata di creatività ed innovazione artistica con l’attuale approccio computazionale in vigore nel campo del machine-learning è quindi ancora una mission impossible.

*ordinario di Fisiologia presso il Dipartimento Medicina Molecolare, università Sapienza di Roma

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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