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Siamo otto miliardi nel mondo. Telmo Pievani: «Benessere e hi-tech per regolare il boom demografico»

di Andrea Velardi
Articolo riservato agli abbonati
Mercoledì 16 Novembre 2022, 11:37 - Ultimo agg. : 17 Novembre, 06:49
4 Minuti di Lettura

Il traguardo degli 8 miliardi di popolazione è uno straordinario raggiungimento dal punto di vista riproduttivo, ma arriva in un momento di crisi epocale per l’umanità. Telmo Pievani, come percepisce il fenomeno uno studioso della demografia nel contesto evolutivo.

Ascolta: Luna e non solo. L'Europa punta sullo Spazio, con un nuovo confronto Italia-Francia

APPROFONDIMENTI
Popolazione mondiale, da oggi siamo 8 miliardi: ecco quali sono le conseguenze

«Dal punto di vista di un evoluzionista è un paradosso perché da una parte Darwin ci ha insegnato che la crescita demografica è un successo per una specie perché nell’evoluzione bisogna riprodursi, ma d’altra parte lui stesso osservava che quando la crescita è eccessiva diventa un disvalore. È il paradosso dell’alga nel lago. Ha un grande successo, ma impoverisce e sterilizza le acque. E questo è il grande rischio che stiamo correndo. Anche perché il dato degli 8 miliardi è assoluto, ma questa crescita è in realtà squilibrata. Ci sono zone del mondo in denatalità e altre che continuano a crescere in modo accelerato soprattutto l’Africa subsahariana e una parte dell’Asia. Questo esige la gestione di grandi criticità. Per esempio la Nigeria arriverà ad avere una popolazione grande come l’Europa provocando flussi enormi di popolazione in cerca di migliori condizioni di vita».

Una dinamica densa di rischi di cui siamo poco consapevoli.

«Si tratta dell’altro paradosso che per gli evoluzionisti è palese. Nel nostro Paese vediamo negativamente il problema della denatalità perché ci allarma che gli italiani siano in via di estinzione. In realtà se in tutto il mondo tutte le nazioni facessero questo discorso ci sarebbe un boom catastrofico. Se tutti seguissero questa considerazione apparentemente razionale il mondo esploderebbe. Eppure c’è un uso geo-politico della demografia per cui i vari esponenti dichiarano candidamente nei convegni internazionali che la crescita è per loro motivo di orgoglio perché i loro Paesi diventano più forti e influenti. Un rischio enorme perché verso metà del secolo arriveremo a 10/11 miliardi e la soluzione non sarà il previsto appiattirsi della curva a causa dell’aumento del benessere economico, perché in quel momento avremo una popolazione mondiale invecchiata, con sempre meno giovani capaci di lavorare e pagare la pensione ai nonni. L’unica soluzione vera è rallentare questo processo».


D’altra parte sarebbe inverosimile e illiberale una controllo internazionale della crescita.

«Nessuno tollera, per ragioni legate alla democrazia, politiche di pianificazioni tipo quella cinese del figlio unico. Non possiamo intervenire col grande Leviatano per governare un processo così complesso. Possiamo controllare il boom solo attraverso il benessere economico e una maggiore libertà concessa alle donne nella pianificazione delle scelte riproduttive cosa che è il grande tema che sta dietro al traguardo degli 8 miliardi. Nei Paesi in cui questo succede la crescita smette di essere un problema. Gli immigrati arrivano nei Paesi occidentali, trovano lavoro e sono ancora prolifici, dopo una generazione, quando arriva il benessere, il numero dei figli si stabilizza eguagliando la quota degli italiani pari a uno o due per famiglia. Un esempio chiaro che la demografia impazzita è frutto della povertà e della mancanza di libertà delle donne».

Questo scenario spingerebbe verso una democratizzazione globale come antidoto dei paradossi del boom. A questo proposito c’è una relazione evolutiva nel fatto che il raggiungimento degli 8 miliardi avviene durante l’epoca di maggiore sviluppo tecnologico dall’umanità?

«In realtà c’è maggiore crescita demografica nei paesi meno avanzati e, in modo proporzionale, la bolla si sgonfia nei paesi più sviluppati. In generale l’avanzamento tecnologico tiene meglio a freno la crescita, perché si può decidere più liberamente quanti figli si possono fare. Negli altri contesti c’è un patriarcato con famiglie numerose perché i figli sono considerati come forza lavoro proprio per la mancanza di tecnologia. Certamente il boom demografico è uno degli elementi specifici dell’antropocene, dell’impatto dell’uomo sul pianeta come la deforestazione e il cambiamento climatico, eppure è un tema quasi tabù, se ne parla pochissimo, è rimosso. È bello che si utilizzi la notizia degli 8 miliardi per discuterne».

Un tabù dovuto a fattori ideologici e religiosi?

«Certamente. Ma è il dato psicologico e politico quello decisivo, cioè la cattiva coscienza! Tutti vogliono che il proprio paese cresca demograficamente per imporsi a livello internazionale, ma sanno che se questo dovesse accadere per ogni paese sarebbe la fine per tutti».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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