Il Tech è il terzo settore più amato in Italia dai consumatori

Il Tech è il terzo settore più amato in Italia dai consumatori
di Guglielmo Sbano
Giovedì 23 Marzo 2023, 13:38
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Lo studio “Post-Invasion 2022/2023” presentato da Omnicom Pr, analizza la reputazione di 8 settori chiave dell’economia italiana, con 64 brand ad essi associati, attraverso le lenti attente di oltre 2.000 consumatori.
 
Il periodo che va dall’inizio del 2020 ai primi mesi del 2022 ha visto letteralmente esplodere i fatturati delle aziende tecnologiche di ogni dimensione. A questi notevoli successi economici, in calo solo nella seconda metà dell’anno scorso, si è accompagnata anche una comunicazione che ha efficacemente supportato la percezione di un settore che ha svolto un ruolo fondamentale durante le fasi più acute della pandemia. Inoltre, grandi e piccoli attori di questo comparto si sono resi protagonisti di attività di corporate social responsibility e charity particolarmente utili – si pensi alla donazione di strumentazioni a scuole e organizzazioni assistenziali e ai corsi gratuiti di formazione e avvicinamento alla tecnologia per le fasce di popolazione meno “digitalizzate”- che si riflettono in quel 42,6% del campione intervistato – dato che vale il 3°posto assoluto.

Di grande rilievo è il risultato conseguito sul driver Offrire prodotti e servizi a maggior valore (certificazioni, tracciabilità e trasparenza su manodopera, sicurezza e privacy, etc.), il più importante nella percezione degli intervistati: il Tech è, infatti, l’industry in cui il gap tra le aspettative dei consumatori e le esperienze effettive offerte dai brand risulta minore.

Eros Bianchi, Vice President di Omnicom Pr Group e Tech Industry Lead, ha commentato: “Il giudizio dei consumatori sulle aziende di tecnologia è nel complesso sufficiente e tra i migliori delle varie industry, con un oggettivo miglioramento nell’ultimo biennio rispetto alle precedenti rilevazioni. Al contempo, però, “Post-Invasion” 2022/2023 ci ricorda che ci si aspetta molto di più in termini di sostenibilità ambientale e sicurezza dei dati”.

Dallo studio emerge, infatti, come il settore della tecnologia si trovi oggi a fronteggiare una duplice sfida, legata da un lato ai limiti delle azioni intraprese in ambiti come l’impatto sull’ambiente e la cybersicurezza, dall’altro a fattori esogeni come il rincaro energetico e l’inflazione, che rischiano di aggravare i problemi finanziari che hanno caratterizzato gli ultimissimi mesi delle big tech.
 
Per quanto riguarda i temi green, se da un lato è probabile che la recente crisi energetica abbia riacceso i riflettori su grandi insediamenti (data center, impianti di produzione di chip e microprocessori) e attività (mining di criptovalute), visti come energivori e poco attenti a limitare l’impatto sull’ecosistema, dall’altro la percezione dei consumatori nei riguardi dei player tech è quella che non stanno offrendo soluzioni efficaci per la sicurezza dei dati, né – fattore ancor più grave - sono in grado di far comprendere quanto sia importante adottarle. A questo riguardo infatti, per il 51% degli intervistati le aziende non prendono ancora sufficientemente sul serio le minacce alla sicurezza informatica.
 
Ancora più meritevole d’attenzione, soprattutto se confrontata con le precedenti edizioni degli studi sulla reputazione, è la sostanziale scomparsa dalla top 3 delle priorità di tutti i settori analizzati della voce innovazione: un segnale d’allarme, considerato che quest’ultima rappresenta il terreno d’azione privilegiata delle aziende di tecnologia e l’ambito in cui per definizione il tech gioca un ruolo da protagonista. Per quanto possa apparire in controtendenza rispetto alle molte discussioni che ruotano attorno al Pnrr, alla necessità in più occasioni ribadita di imprimere una svolta “digitale” alla Pubblica Amministrazione e, più semplicemente, al clamore mediatico suscitato da fenomeni come ChatGpt e dall’Intelligenza Artificiale, lo scenario economico incerto e i timori per il futuro hanno profondamente inciso su quelli che i consumatori ritengono dovrebbero essere gli ambiti di focalizzazione dei brand.
 
“In una fase di profonda incertezza il “back to basics” sembra lasciar poco spazio alla progettualità orientata al futuro, penalizzando un tema – apparentemente – di prospettiva come l’innovazione. Ma se i brand tech vogliano capitalizzare l’attenzione e la centralità guadagnate e dar seguito alle impegnative promesse del periodo pandemico, devono agire coniugando azione e comunicazione. Ciò significa continuare a operare nella giusta direzione, come riconosciuto dai consumatori, focalizzandosi proprio su un’innovazione concreta e percepita, per poi comunicare in maniera chiara e maggiormente inclusiva quanto di positivo è stato fatto per cambiare – in meglio – la società e la quotidianità di tutti. In questo senso è fondamentale ingaggiare più efficacemente popolazioni come i giovani millennials e la generazione Z, ora poco interessate alle problematiche del settore, ma che rappresentano il suo futuro, sia come consumatori sia come potenziali professionisti di questa industry”, ha concluso Bianchi.
 
 
 

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