Aggiornamento, 20 aprile: il rientro del satellite Rhessi è avvenuto nel Nord Africa sopra il confine tra Sudan ed Egitto, alle 2:21 ora italiana. Lo indicano i dati delle forze spaziali statunitensi riportate su Twitter dall'esperto di meccanica celeste Jonathan McDowell, dell'Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics. Non è ancora noto se il satellite del peso di circa 300 chilogrammi si sia completamente disintegrato durante il rientro oppure se alcuni frammenti siano arrivati al suolo. Il rientro è insomma avvenuto in una zona ben lontana dall'oceano Atlantico al largo delle coste nord del Brasile, tratto di mare indicato dagli esperti di traiettorie come più probabile per la caduta di Rhessi.
La vigilia della Caduta
Rhessi, ultime ore in orbita per il satellite della Nasa che precipiterà verso la Terra il 20 aprile.
Una situazione sempre più frequente: dagli attuali 15mila satelliti (fra quelli attivi e quelli non più in servizio) si passerà entro la decade a 100mila, con un aumento esponenziale del rischio di impatti e creazione di milioni di detriti.
Spazio, rimandato il flight test della navetta Starship di SpaceX
Satellite precipita sulla Terra
Il satellite Rhessi è stato lanciato nell'orbita terrestre bassa a bordo di un razzo Pegasus XL nel febbraio 2002 per studiare i brillamenti solari e le espulsioni di massa coronale, eventi altamente energetici che possono avere effetti anche sulla Terra, interferendo ad esempio con le comunicazioni radio e le reti elettriche. Grazie al suo spettrometro, Rhessi è stato il primo a scattare immagini a raggi gamma e raggi X ad alta energia dei brillamenti solari. Durante la sua missione, «ha registrato più di 100.000 eventi di raggi X, consentendo agli scienziati di studiare le particelle energetiche nei brillamenti solari,» spiega la Nasa. Lo strumento «ha aiutato i ricercatori a determinare la frequenza, la posizione e il movimento delle particelle, e ciò li ha aiutati a capire dove le particelle venivano accelerate».
«Il rischio di danni per chiunque sulla Terra è basso, approssimativamente pari a uno su 2.467», spiegano gli esperti della Nasa che stanno monitorando la situazione insieme al Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti.
«Questa caduta rappresenta un evento poco significativo, perché detriti di queste dimensioni cadono piuttosto frequentemente», spiega all'Ansa Luciano Anselmo, ricercatore presso l'Istituto di Scienza e Tecnologie dell'Informazione 'Alessandro Faedo' del Cnr (Isti-Cnr) ed esperto in dinamica spaziale. Rhessi infatti non è tra i più grossi detriti spaziali in caduta sulla Terra: basti pensare che il razzo cinese Lunga Marcia 5B rientrato lo scorso novembre sull'oceano Pacifico pesava 25 tonnellate. «A differenza di quanto accaduto col razzo cinese, poi, stavolta sappiamo che il rientro del detrito è attentamente monitorato dalla Nasa, che per trasparenza fornisce costantemente informazioni aggiornate».
Per seguire il rientro di Rhessi, che lascerà una scia luminosa nel cielo e atteso il 20 aprile alle 5.12 (ora italiana, con un margine di più o meno 10 ore) il sito di riferimento è Satflare secondo il quale la più probabile zona di caduta dei frammenti è l'oceano Atlantico al largo delle coste nord del Brasile.
, lanciato nel 2002 per studiare il Sole e ormai in disuso dal 2018. L'oggetto dovrebbe rientrare intorno alle 3:30 del 20 aprile (ora italiana), con un margine di incertezza di circa 16 ore.
Profilo Abbonamenti Interessi e notifiche Newsletter Utilità Contattaci
Logout