I social network come highlight reel: «Ecco il mondo dove non si raccontano più i fallimenti»

Il desiderio sempre più dilagante tra i giovani di entrare nel mondo del lavoro appigliandosi al modello influencer porta a conseguenze non sempre positive

I social network come highlight reel: «Ecco il mondo dove non si raccontano più i fallimenti»
di Emanuela Di Pinto
Martedì 29 Novembre 2022, 10:30 - Ultimo agg. 12:59
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I social network, soprattutto negli ultimi anni, hanno abituato i loro utenti a mostrare solo il meglio di sé. I feed delle varie piattaforme diventano una raccolta di momenti perfetti, ricordi e storie che non contemplano mai l'imperfezione o, semplicemente, la spontaneità di un momento. Insomma, nonostante vengano definiti da molti come un “occhio sulla realtà” spesso i social network risultano essere una delle più grandi manipolazioni che ci siano. Ogni utente sceglie cosa pubblicare, in che modo e quando farlo, cercando di “mostrarsi” e piacere a più persone possibili. Farsi notare diventa il centro del vivere sui social favorendo, quindi, l'esistenza di una società dell'apparenza che diventa sempre più invasiva.

Per analizzare e destrutturare al meglio le problematiche di una realtà sempre più performativa, siamo tornati a parlare con Mattia Della Rocca, professore di Psicologia degli Ambienti Digitali all'Università di Roma Tor Vergata. «Instagram, Tik Tok e Snapchat sono stati definiti degli highlights reels, ovvero delle vetrine in cui si mostra solo il meglio di quello che si è, rischiando anche di risultare falso» ha spiegato. Un modello sociale basato sempre di più su ciò che mostriamo ha portato anche alla dilagante diffusione dell'ansia sociale, in particolare tra i più giovani. «Raccontare sempre il meglio ha falsato il nostro modo di paragonarci agli altri. (...) Si genera una forte ansia e una grande paura di non essere all'altezza dei modelli che ci vegono mostrati sui social».

Il vero problema, però, è che questi “opinion leader”, come ogni utente qualsiasi, decidono cosa pubblicare, mostrando solo il meglio della propria vita e non dando una visione veritiera di sè. Come al solito, ci si trova davanti ad un paragone fasullo e, molto spesso, falsato. 

Il desiderio sempre più dilagante tra i giovani di entrare nel mondo del lavoro appigliandosi al modello influencer porta a conseguenze non sempre positive. Il continuo bisogno di apparire e il modo in cui si viene risucchiati dalle logiche dell'apparenza porta a problematiche che possono coinvolgere disturbi dell'apprendimento o anche i ritmi del sonno. «La tendenza di questi ambienti a performare, in molti modi impatta sulle vita - ci racconta Mattia - Questo crea dei mostri che possono essere disturbi legati all'attenzione e all'iperattività oppure, di nuovo, profondi disagi sul proprio tono dell'umore e sul non sentirsi all'altezza delle situazioni» ha spiegato. 

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Uno degli casi che, negli ultimi tempi, ha meglio mostrato come la società si stia trasformando solo in uno specchio deformato della realtà è stato sicuramente quello della laureata “dei record” in Medicina milanese Carlotta Rossignoli. Un evento che conferma solo quanto ci sia costantemente bisogno di approvazione. «Un caso che ha più ombre che luci - è intervenuto Mattia - ci sono stati pochissimi casi di hate speech quanto piuttosto dei discorsi ragionati sul valore del tempo della propria vita.(...) La vita non è una gara o una corsa a tempo. Piuttosto che lasciarci utlizzare dai principi dell'algoritmo, dovremmo passare un pò di tempo a cercare di costruire ambienti digitali a misura d'uomo».

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