Eruzione del Vesuvio del 79 d.C., così le proteine raccontano la storia delle vittime dopo 2000 anni

Eruzione del Vesuvio del 79 d.C., così le proteine raccontano la storia delle vittime dopo 2000 anni
di Mariagiovanna Capone
Venerdì 27 Maggio 2022, 11:03 - Ultimo agg. 28 Maggio, 15:58
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La prestigiosa rivista Scientific Reports di Nature ha pubblicato oggi «Molecular signatures written in bone proteins of 79 AD victims from Herculaneum and Pompeii», un importante studio sulla scoperta di proteine eccezionalmente ben preservate nelle vittime dell'eruzione che nel 79 d.C. in poche ore seppellì le città di Ercolano, Pompei, Stabia e decine di ville romane, causando migliaia di vittime. 

Utilizzando metodologie di proteomica mediante spettrometria di massa (MS) ad alta risoluzione, un team di biochimici, antropologi forensi e archeologi ha identificato nelle vittime di Ercolano e Pompei numerose proteine - principalmente collagene e altre proteine tipiche dell’osso umano - sopravvissute alle altissime temperature dell’eruzione, preservando al loro interno un pezzo di storia biologica individuale. Lo studio multidisciplinare ha rivelato che a Ercolano le proteine si sono molto meglio preservate rispetto a Pompei, nonostante che le vittime ercolanesi siano state esposte a temperature molto più alte data la maggiore vicinanza al vulcano.

Lo studio, che si è avvalso della decennale collaborazione degli studiosi della Federico II con il Parco Archeologico di Ercolano, è stato condotto da ricercatori dei Dipartimenti di Scienze Chimiche e Scienze Biomediche Avanzate della Federico II di Napoli, componenti della Task Force di Ateneo Metodologie Analitiche per la Salvaguardia dei Beni Culturali, con la partecipazione dell’Università di Copenaghen nell’ambito del progetto Marie Curie Research and Innovation Program, Horizon 2020, TEMPERA (Teaching Emerging Methods in Palaeoproteomics for the European Research Area). Autori Georgia Ntasi, Ismael Rodriguez Palomo, Gennaro Marino, Fabrizio Dal PiazFrancesco Sirano, Enrico Cappellini, Leila Birolo e Pierpaolo Petrone.

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«I risultati ottenuti - spiega dice Birolo, biochimica del Dipartimento di Scienze Chimiche della Federico II di Napoli - hanno evidenziato che l’analisi proteomica, diversamente da quanto ritenuto finora, è in grado di fornire dettagli molecolari anche in ossa esposte al calore estremo.

Risultati che incoraggiano a proseguire questo tipo di indagini, che potranno essere applicate anche in ambito forense per il riconoscimento individuale».

La ricerca ha coinvolto competenze da diversi ambiti di indagine. «La fusione delle conoscenze di paleoproteomica, antropologia forense e archeologia stanno fornendo informazioni uniche, altrimenti non ottenibili. Attraverso questo tipo di analisi, le prime mai condotte su vittime esposte a condizioni eruttive, è possibile trovare correlazioni con fattori ambientali al momento del decesso, aprendo così la porta a nuovi studi con un possibile impatto sul futuro sviluppo della proteomica ossea nella medicina legale» afferma Pier Paolo Petrone, antropologo forense presso la Sezione dipartimentale di Medicina Legale di Scienze Biomediche Avanzate della Federico II, diretta da Massimo Niola

Le indagini del team di ricerca non si fermano qui. «Questi ed altri risultati degli studi biologici e antropologici in corso a Ercolano - continua Petrone - stanno via via portando alla luce particolari mai evidenziati prima, che arricchiscono il complesso quadro della più famosa eruzione di sempre».

«Gli straordinari risultati ottenuti dal nostro team di ricerca - conclude Francesco Sirano, Direttore del Parco Archeologico di Ercolano - dimostrano il valore degli studi multidisciplinari e l'unicità dei siti sepolti dall'eruzione del 79 d.C., nuovamente alla ribalta internazionale con il loro inestimabile patrimonio di tesori e scoperte archeologiche».

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