Hamburger in provetta: dopo anni di sperimentazione la carne si produce in vitro

Hamburger in provetta: dopo anni di sperimentazione la carne si produce in vitro
Lunedì 10 Giugno 2013, 19:57 - Ultimo agg. 20:18
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NEW YORK - Il primo hamburger “fatto in casa” sta per essere servito nel corso di una conferenza scientifica a Londra.

Ci sono voluti anni, e il lavoro di tanti specialisti per costruire i 20.000 tasselli di tessuto che lo compongono. Non ha un filo di grasso, il sapore ricorda vagamente l'alimento che intende copiare, e purtroppo (o per fortuna) è al momento un esemplare unico, quindi non c'è la possibilità immediata di ordinare un bis. Anche perché il piatto ha un costo netto di 250.000 euro.



I PRECEDENTI

Il sogno degli scienziati di produrre carne in vitro è stato concepito per la prima volta nelle angustie di un campo di prigionia giapponese, dove era finito il dottore Willem van Eelen alla fine della seconda guerra mondiale. Fino ad ora sono stati prodotti pochi esemplari, tutti rapidamente consegnati agli archivi: sette anni fa la Nasa era riuscita a confezionare un filetto di pesce sintetico a partire dalle cellule dei pesciolini rossi; qualche anno prima ci avevano provato con la carne di tacchino, sempre con lo scopo di rifornire gli astronauti con proteine di buona qualità e di facile stoccaggio. Ma in tempi più recenti l'arrivo delle cellule staminali ha dato nuovo vigore al sogno, e la ricerca è ripresa nei laboratori.



Il dottor Mark Post dell'università di Maastricht usa delle staminali provenienti dal collo del manzo, che in natura hanno la funzione di riparare i danni subiti dai tessuti, immerse in un cultura gelatinosa alla quale vengono progressivamente sottratti gli alimenti. La cellula viene stimolata a crescere e a sdoppiarsi in una serie di mitosi successive, che alla fine compongono una striscia fibrosa, primo elemento del futuro hamburger. Un problema non secondario è che la tradizionale polpetta di carne macinata richiede l'assemblaggio di miliardi di queste cellule, e che il prodotto finale del laboratorio, una sequenza infinita di strisce, non ha nulla a che vedere con una fetta di carne, e somiglia piuttosto a un pasticcio di maltagliati.

I COSTI

Per riuscire a costruire una bistecca occorrerà una ingegneria biologica molto più complessa che incorpori le cellule di grasso; e bisognerà studiare un sistema di irrorazione simile a quello sanguigno, che permetta la stratificazione verticale delle strisce, oggi irrimediabilmente piatte. Poi ci sarà da risolvere il problema dell'approvvigionamento della cultura di crescita, che al momento contiene un 10% di siero estratto dalla placenta delle mucche, dal quale vanno estratti i globuli rossi. Quest'ultimo costa 230 euro al litro, e va cambiato con grande frequenza per far crescere le cellule. Questo ci dà speranze che la mitica fiorentina conservi il suo posto nella nostra alimentazione. Che, per inciso, dovrebbe essere quanto meno sofisticata possibile.



Dettagli scientifici a parte, restano enormi problemi etici, legislativi e sanitari da affrontare, prima ancora che i McDonald’s del futuro possano interessarsi seriamente all'idea. Il solo interrogativo morale ha un tale peso da aver convinto altri ricercatori come la Modern Meadow di Gabor Forgacs a riprodurre la pelle, piuttosto che la carne di una mucca.



VISTO SI STAMPI

Il dottor Forgacs sta perfezionando la tecnologia che gli permetterà di confezionare un'intera fetta di carne da “stampare” con una stampante tridimensionale, e ha ottenuto un finanziamento di 250.000 euro dalla fondazione del venture capitalist Peter Thiel, cofondatore del sistema di pagamento sul web Paypal. Cinque anni fa l'idea era ancora patrocinata dal gruppo per la difesa degli animali Peta con l'offerta di un milione di dollari per il primo hamburger in vitro.



L'intento era quello di limitare l'allevamento e la macellazione delle mucche (anche nella migliore delle ipotesi, però occorrerà sempre allevare dei donatori di staminali per iniziare il processo).