Scienziati cinesi e statunitensi hanno calcolato che la pandemia ha generato 8,4 milioni di tonnellate in più di rifiuti di plastica, quali forniture ospedaliere, articoli di protezione come mascherine, guanti e schermi facciali. Come avvertono nel loro studio, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, gran parte di questo materiale è finito in mare e nel giro di pochi anni raggiungerà le spiagge e le zone costiere.
Secondo gli specialisti della Nanjing University, Cina, e dello Scripps Institute of Oceanography, Usa, questa situazione «pone un problema duraturo per l'ambiente oceanico», motivo per cui chiedono una «migliore gestione dei rifiuti sanitari negli epicentri della pandemia e soprattutto nei paesi sviluppati».
Secondo i loro calcoli, l'anno scorso circa 1,56 miliardi di mascherine sono finite nei mari, il che ha anche aumentato le minacce per gli animali che le mangiano o vi rimangono intrappolati.
Per stimare la quantità extra di plastica generata dalla pandemia, i ricercatori hanno preso in considerazione una serie di dati, come statistiche sulla popolazione, produzione di mascherine, casi di coronavirus, test, ricoveri e rapporti finanziari delle principali aziende del commercio elettronico degli Stati Uniti.
In questo modo, hanno calcolato che, entro la fine di agosto di quest'anno, 193 paesi avevano generato circa 8,4 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica legati alla pandemia.
Secondo lo studio, il continente che ha prodotto la maggior parte dei rifiuti è l'Asia, con circa il 46%, seguita dall'Europa, 24%, e dal continente americano, 22%.
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