Sonda Solar, l’occhio italiano che osserverà il Sole da vicino

Sonda Solar, l occhio italiano che osserverà il Sole da vicino
Sonda Solar, l’occhio italiano che osserverà il Sole da vicino
di Enzo Vitale
Martedì 11 Febbraio 2020, 09:55 - Ultimo agg. 09:56
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Il primo fu Giovanni Capurro. Fu lui, nel 1898, a celebrare in note il mito del Sole e del Belpaese. O Sole mio, infatti, è la canzone italiana più cantata di sempre. Oltre un secolo dopo quella narrazione si ripete perché, in un certo senso, quell'astro che brilla a quasi 150 milioni di chilometri da noi, ora un po' ci appartiene.
«Diciamolo, non è un gran segreto: nel campo della coronografia, dell'ultravioletto e della ricerca solare, noi italiani non siamo secondi a nessuno». Qui, invece, il testo e la musica sono di Daniele Spadaro, uno dei ricercatori responsabili dello strumento Metis, l'«occhio» italiano che è appena partito a bordo della sonda Solar Orbiter diretta verso il Sole.

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Puntuale come un orologio svizzero il razzo Atlas V della Ula (United Launch Alliance), alle 5,03 ora italiana di lunedì 10 febbraio, ha dato il via alla missione dell'Esa che ha l'obiettivo di scandagliare i misteri della nostra stella in un modo mai avvenuto prima. Metis non sfugge al suo destino. Il nome dato allo strumento di fabbricazione italiana (una figura dell'antica mitologia greca che rappresentava l'astuzia e la saggezza), è tutto un programma. L'originalità della missione consiste nel fatto che la sonda dell'Esa sarà la prima a sorvolare le regioni polari del Sole: «Questa sua peculiarità -conferma Spadaro, astrofisico Inaf in forza all'Osservatorio di Catania-, ci permetterà di osservare per la prima volta i poli della nostra stella dall'alto».

In poco più di due anni, a partire da novembre del 2021, Solar Orbiter, con il suo carico di preziosi strumenti, si avvicinerà fino a raggiungere una distanza di 0,28 UA (Unità Astronomiche, 1 Unità astronomica è la distanza media Terra-Sole poco più di 149 milioni di chilometri, ndr), pari a circa 42 milioni di chilometri. L'obiettivo è quello di comprendere come l'astro crea e controlla l'eliosfera che avvolge tutto il Sistema solare. Tra gli obiettivi scientifici c'è anche quello di comprendere le cause e le proprietà dettagliate dei cicli di attività magnetica solare, soprattutto mediante l'osservazione delle regioni polari e dei moti di plasma che hanno luogo in tali regioni.

Le parti della sonda esposte al Sole e quelle in ombra dovranno resistere a temperature inimmaginabili. Grazie al rivestimento dello scudo termico della Thales Alenia Space, progettato per resistere a temperature di meno 180 e 500/600 gradi, gli strumenti di osservazione ottica non saranno in pericolo. Il coronografo Metis, con un innovativo ed ingegnoso disegno ottico, simula l'effetto di un'eclisse di Sole. Permetterà di osservare la tenue emissione della corona solare estesa con una risoluzione senza precedenti. Non solo Metis, l'Italia sarà presente in forze anche su altri fronti: un gruppo di ricercatori, ad esempio, contribuisce allo sviluppo delle tecniche osservative di Stix, un altro telescopio per osservare i raggi X emessi dalle regioni più attive e dinamiche della corona solare. Un altro team italiano fornisce l'unità elettronica di elaborazione dei dati del Solar Wind Analiser (SWA), strumento dedicato all'analisi del plasma del vento solare che investe e avvolge il Solar Orbiter.

Diversi gli enti coinvolti alla missione: l'Agenzia spaziale italiana, l'Istituto nazionale di Astrofisica (con i centri di Torino, Milano, Roma, Napoli, Catania e Palermo), alcune università (Genova, Padova, Firenze, Roma, L'Aquila, Cosenza, Catania e Palermo) e istituti del CNR (Padova). Ulysses, Yohkoh, Wind, Soho, Ace, Trace, Cluster, Rhessi, Hinode, Sdo e Parker Solar Probe, questi i nomi di alcune delle missioni lanciate da diverse Agenzie spaziali che hanno come obiettivo primario lo studio del Sole. L'ultima, sopratutto, partita nell'agosto del 2018, è quella che accarezzerà più da vicino la nostra stella. Il Parker Solar Probe della Nasa darà un bacio al Sole da una distanza di soli sei milioni di chilometri.

Ma ritornando all'avventura di Solar Orbiter ci si domanda se riuscirà a cavarsela in un luogo così infernale e inospitale. Anche in questo caso la tecnologia italiana ha fatto miracoli. «Per il rivestimento dello scudo termico -chiosa Spadaro- la soluzione è stata geniale: è stata usata una sostanza molto simile a quella individuata nelle pitture rupestri delle grotte preistoriche, evidentemente è stata ritenuta molto resistente, visto che è ancora in ottimo stato da diversi millenni».
 

 

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