Sanremo 2020, tutti contro Junior Cally: «No al Festival»

Sanremo 2020, tutti contro Junior Cally: «No al Festival»
di Ilaria Ravarino
Lunedì 20 Gennaio 2020, 08:39
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«Chiamate una ditta per far ricostruire il palco dell'Ariston», scherzava su Instagram il rapper Junior Cally con i suoi 385 mila follower, dopo l'annuncio della partecipazione a Sanremo. Oggi, quel palco, Cally rischia di farlo tremare per davvero. Senza nemmeno esserci salito. Ha infatti una discreta carica esplosiva l'ultima delle polemiche nate intorno al Festival, e che ha proprio per protagonista il rapper mascherato di Focene, in concorso tra i big con il brano antipopulista No Grazie.

Sanremo, scoppia il caso Junior Cally. Foa: «La sua partecipazione è inaccettabile»

I TESTI
Dopo l'appello inviato sabato alla vigilanza Rai da 29 deputate Pd, infuriate per i testi sessisti contenuti nei suoi album precedenti, ieri a mettersi di traverso è stato il presidente Rai Marcello Foa, esprimendo «forte irritazione» per scelte che vanno «nella direzione opposta rispetto a quella auspicata». E cioè un Sanremo come «momento di sano svago e di unione nazionale, che promuova il rispetto della donna e la bellezza dell'amore». Valori, questi, di cui la scena rap di cui fa parte Cally, ma anche la conduttrice dell'Altro Festival Myss Keta(mina) non è esattamente portatrice. In queste ore nella bufera c'è una canzone di Cally del 2017, Strega, in cui una donna viene legata e minacciata con la testa coperta da un sacchetto («L'ho ammazzata, le ho strappato la borsa e c'ho rivestito la maschera»), ma non c'è nulla che ricordi il «sano svago», in generale, in nessuno dei brani scritti dall'artista in nove anni di attività.
 

 


LA REPLICA
Dal management di Junior Cally ci si difende citando i casi di artisti arrivati a Sanremo con canzoni discutibili in curriculum (Vasco, Masini, Achille Lauro): il regolamento, è la convinzione che filtra dall'entourage di Cally, non prevede che si possa espellere un partecipante per «colpe pregresse». E il brano in concorso, No grazie, oltre a non avere contenuti sessisti verrà cantato da un Cally diverso, per la prima volta senza maschera. Se poi l'espulsione dovesse avverarsi, le strade possibili sarebbero due: entrare in una faticosa causa legale con il Festival, o far uscire il brano immediatamente, cavalcando la polemica. Per Foa, però, non ci sarebbero dubbi: «Scelte come quella di Junior Cally sono eticamente inaccettabili: chi nelle canzoni esalta la denigrazione delle donne e la violenza omicida, avanzando pretese artistiche, non dovrebbe beneficiare di una ribalta nazionale».
Il messaggio, per Amadeus, è chiaro: «Riportare il Festival nella giusta dimensione». E così ieri mentre il rapper proseguiva la sua routine presanremese, l'ad Fabrizio Salini e il neodirettore di Rai1 Stefano Coletta non replicavano ma fissavano a oggi l'incontro con Amadeus per decidere della sua partecipazione. Opportunità violentemente contestata dalla politica, a partire dalla Lega. Da Matteo Salvini («Oggi leggo che la Rai, usando denaro pubblico, sdogana femminicidio e stupro») fino alla candidata del centrodestra in Emilia Romagna Lucia Borgonzoni: «Non è Sanremo, è Sanschifo. Junior Cally sul palco è disgustoso. Uno che incita al femminicidio, allo stupro, alla violenza non può esibirsi tra i big del festival, davanti a un pubblico di famiglie. È indegno».
Sulla stessa linea la deputata M5S Cinzia Leone, «vergognoso», e Simona Malpezzi del Pd («Il Festival è partito con il piede sbagliato»). Durissimo l'intervento della senatrice Giulia Bongiorno, per la quale «camuffare l'incitamento all'odio verso le donne con la libertà di espressione artistica» sarebbe «un atteggiamento vigliacco e meschino», come quello delle senatrici di Fratelli d'Italia, Isabella Rauti e Daniela Santanchè, perplesse sulle «modalità di selezione». Contrari, da Forza Italia, il vicecapogruppo al Senato Lucio Malan («Chi si è indignato per il presunto sessismo di Amadeus dovrebbe dare un'occhiata ai messaggi che trasmette Junior Cally») che la vicepresidente della Camera Mara Carfagna: «La sua partecipazione rischia di vanificare gli sforzi fatti per combattere la violenza di genere».

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