Le Geriatre Patrizia Mecocci e Maria Grazia Proietti: «Basta retorica sugli anziani, serve una nuova cultura geriatrica»

Maria Grazia Proietti e Patrizia Mecocci
Maria Grazia Proietti e Patrizia Mecocci
di Patrizia Mecocci e Maria Grazia Proietti
Venerdì 8 Maggio 2020, 22:17
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Riceviamo e molto volentieri pubblichiamo un intervento di due Geriatre sulla cura e il sostegno agli anziani 
Patrizia Mecocci è, tra gli altri incarichi,  professore Ordinario di Geriatria all'Università di Perugia.
Maria Grazia Proietti è stata Primaria al reparto di Geriatria dell'ospedale Santa Maria di Terni.


«Stiamo tutti vivendo in questi giorni i timori e le speranze di quella che è stata definita la fase 2, la prima timida incursione verso una vita che assomigli, seppure ancora vagamente, a quella condotta fino a due mesi fa.
Hanno parlato in tanti: virologi, politici, sociologi, psicologi, insegnanti, economisti, ciascuno portando i suoi dubbi, le sue analisi, le sue proposte per il prossimo futuro.
Certo, rispetto ad altre crisi che hanno attraversato la storia negli ultimi anni quella dovuta al Covid19  appare più grave perché ancora senza soluzioni concrete e definitive per la prevenzione e la cura; perché ha colpito quasi contemporaneamente tutti i paesi del mondo; perché ha scardinato in poco tempo tutte le nostre abitudini di vita, dal lavoro ai viaggi, dalle relazioni sociali ai rapporti familiari.
Ancora non sappiamo bene cosa ci aspetta ma senza dubbio, come in ogni momento di crisi, chi paga di più sono le persone più fragili e fra loro gli anziani, la cui più elevata mortalità -a casa, in ospedale, nelle RSA- è solo l’aspetto più evidente della difficoltà che le società, sia quelle dei paesi economicamente più avanzati che di quelli più poveri,  hanno nella cura e nella presa in carico dei problemi della popolazione di anziani e molto anziani che fino ad un secolo e mezzo fa neanche esisteva. Basti pensare che in Italia nel 1861, anno dell’unità del Paese, l’aspettativa di vita alla nascita era di cinquanta anni mentre oggi supera abbondantemente gli ottanta.
Ma a questa ondata demografica non sono state date nel tempo le risposte più urgenti e necessarie.
Pur con tutti i suoi innegabili meriti le risposte di salute del Sistema Sanitario Nazionale si sono concretizzate su modelli che nel tempo si sono rivelati rigidi e non adattabili alle esigenze di una società che si stava modificando non solo sulla sua struttura anagrafica ma anche sociale (basti pensare alla riduzione del numero dei soggetti per famiglia, con sempre minore possibilità di affidare a questa la cura e la gestione dell’anziano).
A tutto ciò si è accompagnata la trasformazione della strutture sanitarie in sistemi aziendali e contemporaneamente la riduzione di risorse finanziarie che ha portato anche allo stravolgimento di alcuni principi che rappresentavano la base del SSN, in particolar  modo la centralità della medicina del territorio che ha il compito di agire in maniera preventiva e  proattiva.
Quello che la pandemia ha fatto emergere, nonostante le valutazioni che da anni la geriatria andava facendo sull’inadeguatezza sempre più evidente delle politiche socio-assistenziali alla popolazione anziana fragile, è stata la difficoltà a curare glia anziani a domicilio, negli ospedali, nelle RSA. 
In ognuno di questi ambiti di cura sono emerse le difficoltà che nascevano da anni di progressivo abbandono di alcuni concetti che rappresentano il punto di forza di una visione geriatrica nella cura dell’anziano fragile e che ora devono necessariamente essere presi in considerazione se si vuole rifondare un sistema socio-sanitario che punti su risultati che non siano, come negli ultimi anni,  basati  esclusivamente su aspetti economico-finanziari ma invece e soprattutto su risposte di salute qualitativamente valide e soddisfacenti per il singolo e per tutta la società.
In breve, qualche spunto di riflessione su cui lavorare.
Innanzitutto capire bene cosa è la fragilità, parola ormai così abusata in ogni occasione  da aver perso la sua valenza sia scientifica che politica. Non tutti gli anziani, per fortuna, sono fragili ma quando si arriva alla fragilità -cioè a quella condizione caratterizzata dalla presenza di tante malattie in uno stesso soggetto (multimorbilità) , malattie per lo più croniche (diabete, scompenso cardiaco, artrosi, demenza), che portano all’uso di tanti farmaci, che provocano disabilità e quindi necessità di aiuto per poter compiere le attività che caratterizzano il nostro essere persone autosufficienti (poter uscire, fare la spesa , cucinarsi il pranzo), in situazioni anche di povertà sia economica ma anche sociale (solitudine, abbandono)-  bisogna agire in modo concertato ed integrato fra risposte sociali e risposte sanitarie  facendosi carico delle esigenze della persona, non delle sue singole malattie.  Perché quello a cui bisogna mirare è soprattutto il contenimento della disabilità -per impedire che insorga o che si aggravi- e della qualità di vita dell’anziano fragile.
Ma per fare questo bisogna ripensare a come sono costruiti i luoghi delle cure (ospedale, assistenza domiciliare, Rsa, centri diurni) in termini non solo strutturali ma anche di personale, se danno le risposte ai bisogni espressi dall’anziano, se questi luoghi sono fra loro collegati per modulare le risposte in base alle necessità che cambiano nel tempo. 
La progressiva riduzione delle risorse economiche destinate alla sanità ha portato a coprire soprattutto i costi dell’assistenza ospedaliera, con l’ospedale che appare purtroppo come l’unico luogo a cui ricorrere quando si sta male. Il territorio ne ha sofferto ed oggi abbiamo potuto toccare con mano la difficoltà a garantire in maniera adeguata l’assistenza domiciliare, che in Italia registra il più basso numero di ore/anno dedicate a persona in Europa,  o la qualità dell’assistenza in Rsa, dove la copertura delle rette non è sempre adeguata ai costi e la mobilità del personale  è così elevata da rendere impossibile un serio programma di formazione.
Di proposte da mettere sul tavolo ce ne sono molte, tutte basate su evidenze scientifiche consolidate. 
Una nuova sanità per l’anziano fragile può essere progettata e sviluppata rapidamente evitando , come spesso è accaduto in passato, di proporre l’ennesimo “progetto pilota”  come se ogni volta si avesse la necessità di scoprire ciò che già si conosce.
L’assistenza all’anziano fragile ha caratteristiche chiare e definite, quello che si deve fare è conosciuto, le finalità che ci si propone nel quadro dell’assistenza in un sistema a rete che coinvolga diverse figure professionali è evidente.
Quello che occorre è cultura geriatrica, cioè conoscenza su come riconoscere i problemi di salute (fisica, psichica e sociale) e come gestirli in un’ottica non solo di efficienza, ma soprattutto di efficacia, e con forte valenza etica visto che si parla di salute di una parte della popolazione particolarmente vulnerabile ed indifesa.
Quello che occorre sono risorse tenendo presente che la logica del taglio indiscriminato dei costi porta di rimbalzo un aumento delle spese perché si cerca altrove e in maniera inappropriata la soluzione dei problemi e delle difficoltà della persona.
Quello che occorre è restituire in ambito sociale dignità alla persona anziana non relegandola ai margini con la scusa di una protezione che in realtà è esclusione ageistica, cioè di separazione sulla base della sola età, come quando si pianifica di prolungare a tempo indeterminato la quarantena degli anziani come se fossero agli arresti domiciliari. Ma ancora dignità alla persona anziana malata, come quando si decide, nell’emergenza, chi va curato e chi no.
Ora è il momento delle idee per ripartire con coraggio e determinazione, evitando di riproporre schemi che si sono rivelati perdenti. 
Si devono ripensare l’ospedale, l’assistenza nel territorio, i servizi domiciliari. 
Abbiamo imparato che esiste e si possono rapidamente implementare la telemedicina ed i servizi informatici (pensiamo solo cosa può significare attivare il fascicolo sanitario elettronico nella gestione di un soggetto complesso come l’anziano fragile).
Abbiamo capito, e Covid19 ogni giorno ci mette davanti a questa necessità, che per risolvere i problemi bisogna studiarli e capirli perché le situazioni nuove non possono essere gestite con modelli obsoleti di assistenza socio-sanitaria.
La salute degli anziani è una sfida nuova e moderna, cerchiamo di dare risposte innovative  basate sulla cultura e sulla conoscenza.
I vecchi non si meritano il vecchio!»
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