Riaperture tra meteo e coprifuoco, i ristoratori: «Così è una finta». Chi decide di restare chiuso

Riaperture tra meteo e coprifuoco, i ristoratori: «Così è una finta». Chi decide di restare chiuso
di Egle Priolo
Lunedì 26 Aprile 2021, 12:14
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PERUGIA - L'emozione e l'entusiasmo sembrano quelli del primo giorno di scuola, ma le prospettive non sono altrettanto esaltanti, visto che sembra di aver davanti solo esami di matematica e meteorologia applicata alla sociologia. Perché oggi riaprono i ristoranti e i bar a pranzo e a cena, ma soltanto chi ha dehors e spazi esterni.

Le regole dell'ultimo decreto in vigore fino al 31 luglio, prevedono tavoli di massimo quattro persone, tranne se conviventi, con distanze di almeno un metro. La riapertura dei locali all'interno sarà possibile solo a pranzo, ma dal primo giugno.
Queste, in estrema sintesi, le novità per la zona gialla (comunque rinforzata, nella pratica) che se da una parte danno certamente respiro ai titolari delle attività di ristorazione, dall'altra non rendono affatto sereni. «Noi riapriamo, ma non siamo contenti – spiega Gianni Segoloni del Bistrot in piazza Matteotti -. È un provvedimento iniquo, perché c'è chi può riaprire e chi no. E poi siamo costretti a riaprire con uno sguardo ai tavolini e uno al meteo: se piove e fa freddo e noi intanto abbiamo fatto scorte e chiamato i dipendenti poi come si fa? Per adesso noi ripartiamo quasi a pieno organico, al 75 per cento rientrano i collaboratori, ma togliere la gente dalla cassa integrazione (che è l'unica ancora di salvataggio) non ti fa dormire la notte. Perché riapriamo? Perché abbiamo bisogno di rigenerare un po' di flusso di cassa. Dopo sei mesi di non liquidità abbiamo bisogno di ridare, speriamo, un po' di ossigeno ai nostri conti. Compri, paghi a trenta-sessanta giorni e nel frattempo cominci a ridare giro alla liquidità».
«Fare debiti per lavorare è controproducente. È una follia». Netta, invece, la bocciatura di questa riapertura per Michele Radicchia, chef del Camino Garibaldi e pasionario della contestazione decisa ma garbata. «Noi non riapriamo, così è solo un escamotage per evitare le manifestazioni a Roma – spiega -.

Ho sempre detto, anche davanti a Montecitorio appunto, che la mia posizione è non riaprire: la salute pubblica è una priorità. Ma sapevamo anche che sarebbe arrivato questo contentino che invece non accontenta nessuno: le riaperture effettive, se ci saranno le condizioni, saranno dal 2 giugno. E comunque resta il problema del coprifuoco confermato alle 22. La soluzione? Si dice di puntare alle vaccinazioni al 70 per cento, ma per l'estate è un obiettivo impossibile: quindi ci aspettano solo aperture e chiusure a singhiozzo. Così non è possibile riaprire». E mentre per mercoledì (alle 10 da Umbrò) è prevista una conferenza dei cuochi umbri, poi ricevuti in Comune dal sindaco Andrea Romizi, in vista del D-Day di oggi arrivano anche le perplessità di Romano Cardinali, presidente regionale di Fipe Confcommercio. «Questo piano non è la soluzione giusta per noi – commenta -. Il 50 per cento delle strutture non possono riaprire perché non hanno un dehors. Per non parlare dell'idea strampalata del coprifuoco alle dieci. Che significa dover lasciare il ristorante alle 21.30 per poter tornare a casa in tempo, quando – basti pensare a chi ha un negozio – si finisce di lavorare almeno alle otto. La nostra richiesta era di arrivare alle 23, ma c'è stata una strana impuntatura, che non ci spieghiamo: quali assembramenti ci sarebbero in quell'ora in più? È quindi una triste realtà, per un incubo che va avanti da un anno. La speranza era riaprire, così è una finta».

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