«Aspetto la vaccinazione protetta da due mesi». I medici di famiglia: troppi ritardi

«Aspetto la vaccinazione protetta da due mesi». I medici di famiglia: troppi ritardi
di Luca Benedetti
Mercoledì 2 Giugno 2021, 09:00 - Ultimo agg. 09:41
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PERUGIA-  Ci sono dei fragili che sono forse più fragili di tutti ma che aspettano il vaccino per un’attesa che più lunga non si può. Tanto lunga che per Maria, la chiameremo così, perugina di 69 anni, si sta allungando da fine marzo.
Maria fa parte dei quasi mille umbri che rientrano nelle categorie di chi deve effettuare vaccinazioni in ambiente protetto. Cioè si tratta di un soggetto a rischio choc anafilattico che deve essere assistito da un medico anestesista. Ma non solo. La postazione per la vaccinazione deve essere ubicata in ospedale, e dove sia possibile monitorare i parametri vitali dei pazienti (pressione arteriosa e saturazione) e garantire che la vaccinazione avvenga in massima sicurezza, prevedendo, tra l’altro, spazi adeguati e debitamente attrezzati.
A Perugia, per esempio, il punto della vaccinazione in ambiente protetto si trova al Santa Maria della Misericordia.
Maria racconta la sua attesa: «Compio 70 anni ad agosto. Sono un soggetto a rischio di choc anafilattico. Nel 1968 per una radiografia con lo iodio di contrasto ho avuto una reazione allergica: non riuscivo a respirare. Più sono cardiopatica e vivo con due stent. Così il mio medico di famiglia, che i caso di situazione normale avrebbe dovuto farmi il vaccino Astrazeneca, mi ha segnato in quelle liste particolari. È da fine marzo che aspetto. Mio marito è stata, invece, regolarmente vaccinato in base alla fascia di età di appartenenza. Non ho ricevuto alcuna comunicazione. Così mi sono recata al punto vaccinale vicino alla facoltà di Medicina. C’erano due infermiere, molto gentili. Risulto, effettivamente, negli elenchi, ho potuto vedere direttamente anche io, ma ancora non sono stata chiamata. Quando mi toccherà? A questo punto non lo so proprio più. Non è un problema di doverlo fare subito, ma di avere la certezza che il vaccino venga fatto. Mi sembra strano che dopo tanto tempo non sia stata ancora chiamata, che non mi sia stata data neppure un data».
Maria ha chiamato ieri in redazione. Come un’altra chiamata è arrivata da Terni: «Aspetto da più di venti giorni dopo la comunicazione del mio medico di famiglia. Ho mandato anche una mail al commissario D’Angelo per avere chiarimenti, nessuna risposta».
Che l’intoppo, per le vaccinazioni in ambiente protetto, sia tosto, lo conferma anche Leandro Pesca, segretario per la provincia di Perugia della Fimmg, la Federazione italiana dei medici di medicina generale: «In effetti le vaccinazioni protette vanno a rilento. Dovremmo essere di fronte a una platea del cinque per mille delle persone che devono essere sottoposte a vaccino. I medici di famiglia hanno fatto il loro dovere: cioè inserito nel database della Regione i nomi dei pazienti a rischio. Ma la situazione non si sblocca se non molto ma molto lentamente».
Radio-sanità racconta, l’altro giorno, di un incontro in videoconferenza, per fare il punto sui vaccini, con il commissario Massimo D’Angelo in cui è stato detto che è imminente la chiusura dei punti vaccinali negli ospedali dove sono stati vaccinati i fragili. E con questa chiusura dovrebbe accelerare l’immunizzazione di chi deve fare il vaccino in ambiente protetto.

Cioè si liberano i team vaccinali per gli ospedali che potranno essere utilizzati al meglio per quel tipo di pazienti a rischio. Insomma, la coperta è corta come al solito. E l’Umbria riuscirà a coprire quella fascia di soggetti da vaccinare con estrema attenzione solo quando avrà finito la partita degli estremamente vulnerabili.

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