Battaglia sul crocefisso in aula a Terni, la preside della scuola non era Cinzia Fabrizi
Coppoli: «Mie ragioni sono state affermate»

Battaglia sul crocefisso in aula a Terni, la preside della scuola non era Cinzia Fabrizi Coppoli: «Mie ragioni sono state affermate»
Venerdì 10 Settembre 2021, 17:20
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«In un Paese in cui i privilegi della Chiesa sono sedimentati, sono assolutamente soddisfatto che dopo 13 anni sia stata riconosciuto che nessun dirigente della pubblica amministrazione può imporre in maniera autorativa l'affissione di un simbolo religioso, in quanto collide con il principio di laicità dello Stato. Peccato che i giudici non abbiano ancora mostrato coraggio sotto il profilo della questione discriminatoria verso le altre religioni»: a parlare è Franco Coppoli, il docente di lettere di Terni sospeso nel 2008 dall'insegnamento per un mese per avere rimosso il crocefisso da un'aula dell'istituto dove insegnava, vicenda sulla quale, al termine di un lungo iter giudiziario, si è espressa la Cassazione. Va specificato che il preside che fece il provvedimento all'epoca  non era Cinzia Fabrizi come erroneamente scritto sul giornale cartaceo. 

«Le mie ragioni vengono affermate - spiega - in quanto finalmente viene detto che imporre il crocefisso in un ufficio pubblico è in contrasto con la Costituzione. Per quanto fosse facile dedurlo non era altrettanto facile ottenerlo». Tra l'altro, ricorda, «nessuna tradizione storica prevede la presenza del crocefisso nelle aule e nei tribunali». Per Coppoli - che ora insegna in un altro istituto superiore della città - il fatto però che secondo la Cassazione sia possibile, in caso di richiesta, affiggere anche altri simboli religiosi, «se da una parte è interessante perché ribadisce che la scuola è una comunità e dunque riconosce la centralità di tutte le componenti, dall'altro può generare il rischio concreto che ancora una volta siano le maggioranze ad imporre i loro simboli nelle aule». «Noi, come insegnanti - conclude il docente -, vigileremo su questo aspetto. Si tratta di una battaglia civile, per evitare discriminazioni delle minoranze rispetto a presunte maggioranze».