Quote rosa, dopo Ferentillo
nel mirino altri tre comuni

Quote rosa, dopo Ferentillo nel mirino altri tre comuni
di Aurora Provantini
Lunedì 6 Gennaio 2020, 01:45 - Ultimo agg. 17:35
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A Ferentillo aver nominato una giunta di soli uomini è costato caro al sindaco Riffelli: 4.500 euro più un rimpasto dell'esecutivo. Sul ricorso proposto da Monica Paparelli (consigliera di parità della Regione), Elisabetta Cascelli, Lavinia Rossi e Teresa Liguori, rappresentate e difese dagli avvocati Folco Trabalza, Fabrizio Garzuglia e Monica Raichini, contro il Comune di Ferentillo per non aver rispettato la legge sulle pari opportunità, il Tar si è espresso definitivamente. «Pur essendo cessata la materia del contendere», perché il 26 novembre (pochi giorni prima dell'udienza) Riffelli nomina Elisabetta Cascelli assessore alla cultura e alla trasparenza, mettendosi così in regola con le quote rosa, il Tar cristallizza la vittoria delle donne, condannando il Comune al pagamento di tutte le spese (3 mila euro oltre le 1.500 della fase cautelare). E adesso il Gruppo indipendente per Ferentillo presenterà una mozione per la revoca della delibera di giunta che ha posto a carico dell'amministrazione le spese legali, chiedendo che sia solo Enrico Riffelli a pagare.
Con approfondita motivazioni il Tar, dopo aver richiamato i fatti posti a fondamento del ricorso, ha tracciato il quadro normativo, il rilievo internazionale e costituzionale della parità di genere, ed ha indicato il punto di equilibrio tra l'iniziativa politica del sindaco e il rispetto delle quote rosa, che si risolve in una seria ed effettiva istruttoria volta alla ricerca di un componente di genere femminile. Nel caso in cui ciò sia impossibile se ne deve dare adeguata motivazione.
«La sentenza è importante per poter proseguire l'attività di tutela della norma messa a garanzia della rappresentanza femminile negli organi di governo», commenta Monica Paparelli. Una pronuncia che condanna un Comune al pagamento delle spese, farà da apripista per nuovi procedimenti. «In attesa che i sindaci ancora inadempienti si mettano in regola - dichiara Paparelli - invierò loro una terza diffida, dopodiché procederò contro il discrimine di genere ai sensi del codice delle pari opportunità».
Annuncia dunque ricorsi anche per Acquasparta, San Gemini e Arrone. Nei primi due comuni, al di sopra dei 3 mila abitanti, dove non è stata rispettata la percentuale di rappresentanza femminile (che deve essere almeno del 40%), i sindaci hanno più volte dichiarato di volersi mettere in regola ed hanno giustificato il ritardo affermando di non aver trovato in tutto il Paese una seconda donna disposta a fare l'assessore. A dicembre Giovanni Montani, sindaco di Acquasparta, risponde alla terza interrogazione del gruppo consiliare d'opposizione sull'illegittimità della giunta, manifestando pubblicamente la volontà di inserire la seconda donna, che c'è, ma ancora non lo fa. Fabio Di Gioia non ha invece mai dichiarato di voler cambiare le cose. Ma lo fa la consigliera della Regione: «perché la legge va rispettata da tutti». Arrone è un comune al di sotto del 3 mila abitanti e Di Gioia nomina una squadra di soli uomini come fece Riffelli. «La possibilità di procedere con tre ricorsi è concreta sostiene Monica Raichini, consulente legale della consigliera di parità e sulla base della nuova sentenza del Tar si intende perseguire tutte le strade possibili per far rispettare la legge sulle pari opportunità».
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