Gioco d'azzardo, in Umbria diecimila giocatori patologici

La psicologa clinica e psicoterapeuta Lucia Coco a capo del Centro regionale per il trattamento della ludopatia: «In un anno presi in carico 73 assistiti, ma sono solo la punta dell'iceberg»

Slot machine in una foto d'archivio
Slot machine in una foto d'archivio
di Fabio Nucci
Martedì 27 Febbraio 2024, 09:37
5 Minuti di Lettura

Bilanci familiari messi a dura prova, coppie che si lasciano, ragazzi che si perdono. Le conseguenze del gioco d’azzardo possono essere le più disparate e in sempre più casi, quando in famiglia emerge una dipendenza simile, questa viene vissuta alla stregua della scoperta di una relazione extra coniugale. Diretto dalla dottoressa Lucia Coco, il Centro dipendenza da gioco di Foligno della Usl Umbria 2 raccoglie esperienze e casistica di vario genere offrendo una via d’uscita a chi decide di affrontare tale patologia. Nel 2023 sono stati 73 gli assistiti presi in carico dal centro e tra questi cresce l’incidenza dei giovani che pur dediti a scommesse, slot o poker online, pensano di non essere giocatori d’azzardo.
Dottoressa Coco in quanti si rivolgono al Centro che dirige?
«Nel 2023 il Servizio del disturbo del gioco d’azzardo di Foligno ha preso in carico 73 persone, la quasi totalità di genere maschile con un rapporto di 3,3 maschi per ogni femmina. La classe d’età più rappresentata è quella dai 55 a 59 anni ma i più giovani, con età tra i 20 e 30 anni, rappresentano l'8,2 per cento delle persone prese in carico. Rispetto al sommerso è una piccola parte visto che in Umbria la stima è di 10mila persone con comportamento di gioco problematico. Rispetto ad altre regioni, tuttavia, riscontriamo una maggior capacità di presa in carico».
Cosa offre il servizio?
«Innanzitutto, una valutazione psicologica che serve a capire che tipologia di giocatore arriva per offrire il trattamento più consono e per questo si procede con test e colloqui clinici. C’è poi una valutazione sociale che serve a capire la situazione economica della persona tramite un monitoraggio che richiede la presenza di un tutor (un familiare) che si assuma la responsabilità di vedere le entrate e le uscite».
Come si procede dopo questa valutazione multidisciplinare?
«Inizia il percorso vero e proprio di psicoterapia individuale o di gruppo, che funziona molto bene, nel quale le persone si incontrano tutte le settimane al servizio e alcune di, esse che ne fanno parte da anni, sono diventate promotori che instradano gli altri. Poi c'è un gruppo “multicoppiale”, fatto di due partner nei quali uno dei due è giocatore d’azzardo: la scoperta di un disturbo del gioco d’azzardo in famiglia è come smascherare una relazione extraconiugale. Si tradisce la fiducia, il benessere economico familiare e spesso le coppie scoppiano: bisogna quindi fare un lavoro anche di ricostruzione del rapporto».
Cos’è il Progetto di accompagnamento territoriale (Pat)?
«È una possibilità offerta dai servizi territoriali regionali attraverso degli educatori cui le persone si rivolgono se in famiglia non c’è chi può fare da tutor, perché magari sono sole. Gli educatori le accompagnano a ricostruire la rete delle relazioni, cercando modi alternativi per passare il tempo: aiutano a riabilitarsi nella vita di tutti i giorni».
Come si interviene laddove emergono difficoltà economiche?
«Con la consulenza legale e finanziaria rivolta a chi arriva con situazioni debitorie importanti delle quali non riescono a venire a capo. Spesso c'è grande confusione, tali assistiti non sanno quanti debiti hanno, quanto devono restituire alle finanziarie o a privati. C’è a disposizione un avvocato che aiuta a ricostruire la situazione economica e a risanare l’esposizione: non diamo denaro ma indicazioni su come relazionarsi con le finanziarie e rateizzare il debito. Talvolta è necessario avviare una consulenza psichiatrica, avendo alcune persone sviluppato patologie concomitanti».
La vostra azione non si sviluppa solo sul versante clinico.
«Abbiamo costituito una sinergia coi servizi sociali comunali in tutte le zone sociali della regione: tavoli d’integrazione socio-sanitaria nei quali si cercano di portare avanti insieme le strade dell'inclusione, della prevenzione e della promozione della salute. Si organizzano attività come quella (in corso) dei laboratori per educatori della diocesi, un modo di promuovere il benessere anche tra questi operatori».
Come Centro avete organizzato anche una mostra.
«Si chiama “Azzardo, non chiamiamolo gioco” e fino al 29 febbraio è visitabile nei locali della Fondazione cassa di risparmio di Foligno ai Casalini Medioevali. Sono vignette umoristiche di autori famosi che prendono in giro il gioco d’azzardo, offrendo un momento di sensibilizzazione e riflessione. È aperta anche alle scuole e gli studenti coi docenti possono sperimentare l’”azzardometro”, uno strumento creato dai ragazzi per i ragazzi che in forma anonima rileva il comportamento di gioco d’azzardo tra i giovani».
Che percezione hanno i ragazzi del “gioco”?
«Quando chiediamo se praticano giochi d’azzardo, negano, ma se domandiamo se fanno scommesse sportive, giocano alle slot machine (reali o virtuali) o al poker online, rispondono positivamente. Questi comportamenti, quindi, non sono avvertiti come gioco d’azzardo che, fantasticamente, collegano solo al casinò o ad altre situazioni. Bisogna quindi provare spiegare che l’azzardo è anche questo e la parola ludopatia non dice la verità. Specie in Umbria, dove i dati sull’azzardo tra i giovani non sono buoni, cerchiamo di capire come raggiungerli e intercettarli perché spesso sottovalutano il rischio. Occorre far capire invece che il pericolo c'è ed è importante anche la comunicazione».
In che modo?
«Quando si parla delle vincite e delle rivendite dei tagliandi vincenti, si innescano meccanismi pericolosi che vanno a incidere sul cervello dei giovani creando una credenza cognitiva distorta.

Si tratta del meccanismo della quasi vincita per cui irrazionalmente il cervello pensa di poter vincere facilmente tornando magari nello stesso posto. Un aspetto su cui non si vigila abbastanza, sono informazioni non positive specie per i ragazzi».

© RIPRODUZIONE RISERVATA