I lupi, le tasse e tanto amore
Gli ultimi pastori ternani non mollano

I lupi, le tasse e tanto amore Gli ultimi pastori ternani non mollano
di Alberto Favilla
Lunedì 29 Luglio 2019, 18:03 - Ultimo agg. 18:04
3 Minuti di Lettura
TERNI L'ultimo dei moicani. Anzi, no. L'ultimo dei pastori della montagna di Terni. Si chiama Renato e vive con la moglie Manuela un tipo tosto, a prima vista - e la figlia Silvia una con il portamento fiero - a Pozzo Saraceno (Una volta si chiamava vocabolo Pisciarelle)proprio sotto la montagna di Cesi. Galline ruspanti, un gallo cedrone, tanti cani e poi la stalla con circa 400 pecore e poi le capre c'è anche un montone - a fare da cornice al vecchio casolare attorniato da ulivi e alberi da frutto. C'è tutto, insomma, a casa di Renato. Almeno per sopravvivere. Appena arrivi a pozzo Saraceno, sotto casa di Renato, il silenzio della montagna è rotto da un infinito belare. E poi la notte scorsa non si è dormito. Sembra ci fosse un lupo in giro e allora Renato ha fatto la guardia al suo gregge.
«Capita anche questo. Di non dormire la notte racconta il pastore -Fu mio padre Serafino, noi siamo di origine abruzzese, a venire a Terni appena dopo la guerra. Inizialmente si mise a mezzadria, poi pensò di comprare quattro pecore e inizio a fare l'impresa. A quattro anni già andavo con lui, in estate, in montagna a pascolare le pecore. Quando morì presi in mano tutto io». Anche perché, intanto, Renato si era sposato con Manuela, la donna della sua vita. «La conobbi una sera a ballare, nel suo paese, a Macerino - la prima volta che mi avvicinai lei scappò via ma io non mi persi d'animo e tornai alla carica. Al secondo tentativo feci centro. Da quel giorno non ci siamo più lasciati. Dal nostro amore sono nate Silvia e Francesca e adesso siamo anche nonni». A Pozzo Saraceno, nel casolare di Renato, il tempo sembra essersi fermato. A cambiare lavoro lui non ci ha mai pensato. «In realtà una volta mi hanno proposto di entrare alle Acciaierie di viale Brin e ho rifiutato, un'altra ebbi l'occasione di entrare all'ospedale di Terni, a fare il portiere, ma dissi subito no anche perché io come vedo un camice bianco mi sento male, la pressione mi sale a mille. Io vivo bene qui. Per fare questo mestiere ci vuole passione. E' dura ma non timbri nessun cartellino e sei libero». Ma non sono tutte rose e fiori. Se fino a qualche anno fa la montagna faceva vivere, oggi non è più cosi.
«Con le tasse ci stanno uccidendo. I contributi dello Stato sono ridotti all'osso. Per affittare la montagna la Regione ci chiede 5 mila euro all'anno e io allora ho deciso di non salire più. Scendo a valle, in pianura, ma non è la stessa cosa e le pecore vivono male e si ammalano. In pianura non c'è acqua, l'erba e secca, i laghetti sono sporchi e le troce prosciugate anche perché i pozzi oggi non esistono più». Ma Renato non ha alcuna intenzione di mollare. Per adesso si va avanti così. Poi si vedrà. «Facciamo ricotta, formaggio pecorino e primo sale e la gente apprezza i nostri prodotti conclude orgoglioso Renato viviamo alla giornata, la nostra è un'azienda a carattere famigliare, sperando che qualcuno dei politici ci metta le mano. Ormai siamo alla terza generazione. Questa è la nostra vita anche perché in città non è che poi si viva meglio. Noi siamo, e resteremo per sempre, pastori».
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA