PERUGIA - Riconoscere il problema, sfidare il proprio inferno e affrontarlo a testa alta. Con la paura sì - ché mica qui ci sono super eroi - ma la consapevolezza che «non c'è un medico che mi dia una medicina, perché la cura la devo trovare dentro di me».
Maria Elena e Giorgia hanno poco più di 18 anni, non si conoscono, ma hanno un percorso comune: hanno vissuto l'esordio dell'anoressia durante il primo lockdown, quando la solitudine ha amplificato un loro disagio, ma entrambe hanno avuto il coraggio di parlare e raccontare tutto ai propri genitori appena prima che quella vertigine diventasse una tensione verso il baratro.
Maria Elena sta preparando la maturità ed è già pronta per due mesi di Erasmus in Spagna. Eppure oggi – proprio nella decima Giornata nazionale contro i disturbi alimentari - sarà ricoverata nel centro specializzato di Todi per essere aiutata nel percorso a superare la patologia. «Nel 2014 – racconta - ho avuto problemi di obesità, mi sono messa a dieta con l'aiuto di una nutrizionista e durante il primo lockdown l'ho ripresa per non perdere i risultati ottenuti. Ho iniziato ad allenarmi anche due ore al giorno, poi ho diminuito i carboidrati, poi le proteine. Finché ho iniziato a mangiare solo verdura. Sono arrivata a pesare 57 chili e a ottobre ho avuto una ricaduta, mi vedevo grossa allo specchio e ho iniziato a indurmi il vomito. Lo scorso gennaio non dormivo più e allora ho chiamato il centro di Todi e ne ho parlato ai miei. Ho iniziato a essere seguita da nutrizionista e psicologa e sono due settimane che non vomito. Come ho preso la notizia del ricovero? Piango da 25 ore. Ma loro vogliono che il mio disturbo non abbia il sopravvento, vogliono che vada in Erasmus serena. E io non lo nego a me stessa, qualsiasi cosa pur di stare di nuovo bene. Mi hanno tolto la bilancia, che era la mia certezza, campavo con un numero, perché il disturbo alimentare non è il cibo, ma la mente che ti crea questi danni.