PERUGIA - Incapacità totale di intendere e di volere. In fondo a sette paginette è questa la diagnosi che lo psichiatra romano Maurizio Marasco ha firmato nella perizia psichiatrica su Katalina Erzsebet Bradacs, la donna accusato di aver ucciso a coltellate il figlio Alex di soli due anni a Po' Bandino.
Perizia effettuata con la forma dell'incidente probatorio dopo l'incontro avuto con la quarantaduenne di origini ungheresi lo scorso gennaio in carcere, dove la donna è rinchiusa dal primo ottobre con l'accusa di omicidio volontario aggravato. I risultati sono stati depositati ieri nel corso dell'udienza davanti al giudice Angela Avila che dovrà decidere sulle contestazioni mosse dal sostituto procuratore Manuela Comodi. A cui, però, questa perizia sta decisamente stretta. Nel corso di un durissimo controesame, infatti, Comodi ha sollevato diverse perplessità, già anticipate durante la scorsa udienza, perché a Katalina non sono stati somministrati test psicologici con la motivazione della difficoltà a sottoporla alle prove con l'aiuto di un interprete che avrebbe potuto falsarne la genuinità, ma anche perché negli accertamenti sulla sua capacità mancherebbero – a quanto si apprende – approfondimenti sui suoi passati ricoveri in Ungheria. Secondo la procura – posizione a cui si è associato con forza l'avvocato Massimiliano Scaringella che assiste Norbert Juhasz, il padre di Alex – prima di tutto gli eventi successivi all'omicidio – le foto fatte al corpo martoriato, i messaggi inviati fino alla corsa nel supermercato di Po' Bandino dove ha adagiato Alex su una cassa chiedendo aiuto – non sarebbero compatibili con un'incapacità di mente, così come l'aver puntato il dito contro un fantomatico uomo di colore come il presunto assassino.