Perugia: fotografo morto in Giappone, «poteva essere salvato»

Perugia: fotografo morto in Giappone, «poteva essere salvato»
Domenica 27 Novembre 2022, 07:10
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PERUGIA - Poteva salvarsi. O meglio, potevano salvarlo. Magari con un controllo maggiore. Perché la via scelta per togliersi la vita non è di quelle brutalmente immediate, ma comporta il restare anche per parecchio tempo in una condizione di gravità ma dalla quale si può essere salvati. E se ciò non è avvenuto, può significare che per molte ore non si è stati controllati come invece si sarebbe dovuto fare.
Questo è quanto filtra dal Giappone sulla morte di Gianluca Stafisso (fotografo e designer nato a Perugia 56 anni fa e vissuto a Castelnuovo d’Assisi fino al trasferimento nel paese del Sol Levante nel 2005), avvenuta una settimana fa nel centro di immigrazione di Shinagawa , dove si trovava dal 25 ottobre dopo aver passato gli ultimi due anni sotto un ponte a Tokyo. Ufficialmente come clandestino, dopo che la separazione dalla moglie giapponese (sposata nel 2008) gli aveva tolto tutti i diritti per restare in Giappone.
GLI ACCERTAMENTI 
Proprio la voglia di capire fino in fondo non solo cosa sia successo in quella cella, ma anche se possono esserci stati fatali ritardi nei controlli, hanno spinto le autorità italiane in Giappone a chiedere a quelle locali di investigare sulla morte di Stafisso. E così l’autopsia sarebbe stata finalmente disposta e svolta anche se al momento non si conoscono gli esiti.
Quello che sorprende, sempre stando a quanto si racconta da Tokyo, riguarda proprio le modalità del presunto suicidio di Stafisso. La ricostruzione sostiene come si sia tolto la vita utilizzando il cavo della tv. Ma, viene fatto notare, in Giappone il voltaggio è 100 volt. Quindi, per ottenere una scarica mortale, il fotografo perugino avrebbe utilizzato un fazzolettino bagnato per aumentare il corto circuito e una monetina che facesse da catalizzatore. Per tutto ciò c’è il sospetto che possa essere rimasto parecchio una situazione in cui poteva essere salvato.
IPOTESI CREMAZIONE 
Ma c’è di più. Secondo quanto si apprende, infatti, la normativa giapponese impone la cremazione per uno straniero morto se nessuno lo reclama. L’unico erede diretto di Stafisso è il figlio avuto in giovane età che vive a Milano ma che ultimamente si trova in America. Ma i cui rapporti con il padre, a quanto pare, non sarebbero mai stati buoni.
LA VICENDA 
Stafisso è morto in ospedale dopo essere stato trovato a terra nella cella dove era rinchiuso in stato di fermo dal 25 ottobre.

In quella cella era solo. Cinque giorni prima di essere fermato e portato al centro di Shinagawa, il fotografo e designer aveva girato uno dei tanti video per raccontare la sua vita sotto al ponte. Spesso in quei video, una ventina, tornava la vicenda delle sue difficoltà mentali che sarebbero state certificate dalle autorità giapponesi. Certificato finito anche in un video con tutti i suoi documenti. «Non sono pazzo. Anzi, sono pazzo per l’Italia», era il passaggio di una sua registrazione sempre sotto al Mutsumi Bridge a Fussa City, dove ha ripreso la neve e il caldo torrido lasciando intendere di avere una sorta d’intesa per stare là sotto a un chilometro dalla casa dove ha vissuto per 17 anni.

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