Crocifisso nelle aule, la Cassazione: «Scuola decida in autonomia»

Crocifisso nelle aule, la Cassazione: «Scuola decida in autonomia»
Venerdì 10 Settembre 2021, 12:20 - Ultimo agg. 12:22
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TERNI Nell'infinita controversia sulla  legittimità o meno dell'esposizione del crocifisso nelle aule  scolastiche, che da decenni contrappone cattolici e laici, le  sezioni unite civili della Corte di Cassazione hanno indicato la  via maestra da percorrere: è quella dell'«accomodamento ragionevole», del confronto, della «ricerca, insieme, di una  soluzione mite, intermedia, capace di soddisfare le diverse  posizioni», senza neppure escludere, in caso di richiesta, la possibilità di esporre simboli di altre religioni.  Aveva perciò torto, negli anni 2008 e 2009 - ha stabilito la  Suprema Corte (sentenza 24414) - il dirigente scolastico di un  istituto professione di Terni, Giuseppe Metastasio, il quale, aderendo alla decisione  presa a maggioranza dall'assemblea degli studenti di una terza  classe, aveva ordinato l'esposizione del crocifisso in  quell'aula scolastica senza cercare un «ragionevole  accomodamento» con la posizione manifestata da un professore  dissenziente, Franco Coppoli, che, durante le sue lezioni, rimuoveva  sistematicamente la croce, reclamando il rispetto della propria  libertà di insegnamento e di religione. Tuttavia il professore  dissenziente non poteva lamentare una compressione della sua  libertà di religione - ha sottolineato la Suprema Corte - dal  momento che il Crocifisso resta un simbolo passivo perché non  implica alcun atto di adesione, e la libertà di insegnamento di  un docente non ne rimane toccata. Quel simbolo, che appartiene  alla tradizione culturale del popolo italiano - hanno osservato  i giudici - non interferisce con la possibilità di ciascun  insegnante di manifestare le proprie convinzioni religiose,  finanche criticandone davanti alla classe, in modi adeguati, il  significato e la stessa presenza. In definitiva, la circolare del dirigente scolastico era  llegittima perché 'ordinavà l'esposizione del crocifisso senza  percorrere la strada del confronto e della mediazione, con la  conseguenza che parte della sanzione disciplinare che era stata  inflitta al docente dissenziente è stata invalidata.  Nelle motivazioni della sentenza, le sezioni unite civili  della Cassazione hanno fatto riferimento ai principi di  uguaglianza dei cittadini, di libertà di religione e di laicità  dello Stato, hanno ripercorso le diverse pronunce in materia di  esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici, fino alla  pronuncia del 2011 della Grande Camera della Corte europea per i
diritti dell'uomo, che, accogliendo un ricorso dell'Italia, l'ha ritenuta legittima, ribaltando una sentenza di segno opposto  della stessa Corte europea. Hanno, inoltre, ricordato, come
l'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche, non avendo  il Parlamento approvato una legge, sia tuttora prevista da un  regio decreto del 1924, ma non è più un atto dovuto, non essendo consentito dalla Costituzione imporne la presenza.  Il non-obbligo, tuttavia, non si traduce in un divieto di  esposizione del crocifisso: esso, pertanto, può legittimamente
essere esposta «allorquando la comunità scolastica valuti e  decida in autonomia di esporlo, nel rispetto e nella  salvaguardia delle convinzioni di tutti, affiancando al  crocifisso, in caso di richiesta, gli altri simboli delle fedi  religiose presenti all'interno della stessa comunità  scolastica  e ricercando un 'ragionevole accomodamentò che consente di
favorire la convivenza delle pluralità»

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