Terni, infermieri in prima linea:«Abbiamo regalato un sorriso ai malati anche con le tute anti Ebola»

Terni, infermieri in prima linea:«Abbiamo regalato un sorriso ai malati anche con le tute anti Ebola»
di Aurora Provantini
Mercoledì 18 Maggio 2022, 00:20
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TERNI - «Siamo entrati nelle case dei ternani con le tute anti Ebola. L’equipaggiamento non era dei più rassicuranti e nemmeno dei più comodi, ma era il solo che avevamo a disposizione per proteggerci da un virus sconosciuto. Nonostante lo schermo della protezione, siamo riusciti a potare sollievo a chi si ammalava di Covid, cosa che ci motivava ad andare avanti giorno dopo giorno». Mattia Nannurelli, classe 1986, infermiere dell’Usl Umbria 2, racconta l’esperienza che l’ha visto protagonista nella lotta contro il Coronavirus. «Siamo stati i primi ad arrivare nel domicilio dei casi sospetti di Covid». Il 2 marzo 2020 è stato il giorno in cui lui e Daniele Mancini (infermiere) hanno iniziato a bardarsi dalla testa ai piedi per effettuare un tampone alla popolazione residente. Ogni tampone un cambio d’abito, pardon di tuta. Ogni giorno un numero considerevole di assistiti da tracciare. «Fino a 25 moltiplicati per quattro. Perché è stato necessario costituire il Cas, centro attività sanitaria, fatto di quattro professionisti, per fronteggiare in maniera organizzata l’emergenza sanitaria ancora in corso. Solo dopo il Cas, sono state create le Usca (unità speciali di continuità assistenziale).
«Nel giro di due settimane si sono aggiunte due colleghe, che avevano scelto volontariamente di scendere in campo con noi». Nel mese in cui cade la Giornata internazionale dell’infermiere, il pensiero torna al periodo storico più difficile per il personale infermieristico: «Con il passare dei giorni, nonostante le protezioni individuali e i comportamenti responsabili, molti di noi si sono ammalati» - ricorda Nannurelli. Francesca Cestari, la terza ad entrare a far parte del Cas, ne parla quasi con nostalgia: «Quell’esperienza ci ha insegnato l’importanza di fare squadra».
Prima di arrivare al distretto Tacito, Francesca Cestari ha lavorato in ospedale: «In entrambi i contesti siamo riconosciute come risorse insostituibili per l’assistenza dei malati». Quarta arruolata dal Cas è Catia Berretti, che ancora oggi, insieme a Nannurelli, si sposta tra Terni, Narni e  Amelia per fare i tamponi alle persone impossibilitate ad uscire di casa». Infatti, pandemia o non pandemia, gli infermieri continuano a svolgere il loro servizio di assistenza con passione. Tanta ne ha dimostrata Fabio Lupattelli, in servizio presso il dipartimento di emergenza urgenza del 118 (ora 112): «Il primo paziente che presentava sintomi riconducibili al Covid, lo siamo andati a prendere di notte in ambulanza in una frazione di Terni. Vestiti in modo irriconoscibile per proteggerci dal virus, non abbiamo potuto dare quel conforto che ci motiva ad ogni azione, perché sia il malato che la moglie erano sordomuti. E ancora oggi ho negli occhi i visi di quella coppia disorientata. Con i mesi i ricoveri per Covid sono diventati routine, e non perché ci si abitua al peggio, ma perché col passare delle settimane si sapeva di più di questo “nemico” e quando si sa con chi si ha a che fare ci si organizza meglio».
Fabio Lupattelli ammette che quello della pandemia è stato il periodo più duro: «Eravamo impreparati. E tutti ci siamo ammalati anche più di una volta. Ma siamo questo: siamo professionisti che prestano soccorso agli altri». Non gli piace essere chiamato “eroe”: «Cerchiamo solo di fare al meglio il nostro lavoro, che è fatto anche di sostegno emotivo». Ricorda i viaggi a Perugia, a Citta di Castello e a Foligno: «Ad un certo momento anche Terni ha incontrato la problematica della mancanza dei posti letto, e trasportare in ambulanza un positivo,  in una struttura tanto distante, ha comportato uno stress importante, ma in emergenza si fa anche questo.

E sempre con passione e dedizione».

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