Terni, 15enni morti nel sonno, la rabbia dell'amico: «Cosa gli ha dato da bere quel maledetto?»

Terni, sballo dopo il calcio: così si muore a 15 anni
Terni, sballo dopo il calcio: così si muore a 15 anni
di Vanna Ugolini e Nicoletta Gigli
Mercoledì 8 Luglio 2020, 06:55 - Ultimo agg. 9 Luglio, 15:52
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«Aiutami, aiutami a svegliarlo, non ce la faccio». La mamma bussa alla porta della vicina di pianerottolo, sconvolta. La vicina entra in casa, solleva il lenzuolo, tocca quel ragazzino che sembra che dorma, nel suo letto, con il pigiama indosso. La morte inganna, è una scultrice che salda le forme e colora le labbra di viola. Non c'è più bisogno di parole. L'urlo straziato di una madre taglia in due il silenzio del quartiere San Giovanni, un quartiere popolare di Terni a ridosso del centro. «Anche i gatti hanno urlato», dice un altro vicino «non riuscivamo a capire cosa fosse successo». Era successa una tragedia. Un ragazzino di 15 anni che non si alza, è morto nel sonno, ieri sera giocava felice, ora non c'è più. Non basta. Passa ancora un po' di tempo e c'è un'altra madre, in un altro quartiere, Villa Palma, da un'altra parte della città, che anche lei urla disperata perché nemmeno lei riesce a svegliare più suo figlio. E' un medico, non può far finta di non sapere, di non decifrare quello che sta vedendo. Anche il suo bambino, 16 anni, è morto.

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L'AMICIZIA
Questa è una storia di amicizia e di morte. E' la storia di due ragazzini, di due amici, uniti dall'infanzia - li guardi che sorridono dai loro profili sui social e sembrano bambini, con i baffi disegnati per la festa di carnevale, le candeline da soffiare sulle torte alla panna, le foto in posa con i compagni del rugby e l'orgoglio di una vittoria nel sorriso. E' la storia di due famiglie, diverse per estrazione sociale ma uguali nell'impegno e nella dedizione messi per crescere i figli che, ora, si ritrovano unite in una tragedia a cui si fatica a dare un nome. E' una storia, purtroppo, di droga anzi, come sottolinea il procuratore della Repubblica, Alberto Liguori, di «sostanze droganti», a voler dire come l'ipotesi più accreditata su cui stanno lavorando gli inquirenti sia quella della morte per overdose procurata da un medicinale o da un mix di farmaci. Una storia che ci fa sentire tutti indifesi: quelle madri annientate potremmo essere tutte noi.

L'INCHIESTA
La risposta precisa di cosa abbia ucciso quei due ragazzini sorridenti e felici si saprà solo quando si avranno i risultati dell'autopsia che si farà oggi, su quei corpi scivolati dal sonno alla morte in poche ore. Intanto, per tutta la giornata, i carabinieri compongono e ricompongono il quadro fosco della tragedia. Si comincia dal giorno precedente, si va indietro, indagando la normalità di un'estate di due adolescenti che hanno finito la scuola - la sorella di uno piangeva stupita: «Come è successo? Era felice, gli avevo anche fatto il regalo per la promozione». Si ricostruisce cosa è successo in quella partitella di calcio giocata nel campetto di San Valentino, vicino alla basilica del santo protettore degli innamorati che ieri, purtroppo, guardava altrove. E poi, dopo qualche ora, ecco i due amici giocare ancora insieme, sempre a pallone, nel campetto di cemento del quartiere San Giovanni. E poi? Poi la trama si fa meno chiara. Ci sono le chat sui telefonini, c'è uno scambio di messaggi con degli amici. La pista seguita - e, lo ripetiamo, impossibile da confermare fino all'esito dell'autopsia - è che a uccidere i due ragazzi sia stato un mix di codeina, forse unita a una dose di metadone. La droga dei trapper, la chiamano, liquida, che si beve mescolata a una bibita e scende giù come se fosse poco più che un succo di frutta. In un primo momento eccita, poi toglie il respiro, asciuga le secrezioni.
 
 

LA PISTA
Sono stati gli stessi amici a mettere su questa pista i carabinieri. Camminavano distrutti e rabbiosi davanti alle case dei loro compagni morti. «Cosa gli ha dato da bere quel maledetto?», è scappato detto a uno ad alta voce. «Tu ora viene con me», ha detto il carabiniere che raccoglieva testimonianze. Poco dopo un uomo, 41 anni, Aldo Maria Romboli, già noto come tossicodipente, in cura al Serd, è stato prelevato da casa e portato in manette alla caserma dei carabinieri. A tarda serata l'interrogatorio è finito e l'uomo è stato portato in carcere con l'accusa di morte conseguente ad altro reato. Ma questo è un altro capitolo, che si aprirà da oggi. Il presente è un buco nero in cui, quasi inspiegabilmente, sono cadute dentro le vite di due amici.
 

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