Vincenzo Sgalla (Cgil): «Per la Fase 2 conta di più il rigore che la velocità»

Il segretario regionale della Cgil Vincenzo Sgalla
Il segretario regionale della Cgil Vincenzo Sgalla
di Luca Benedetti
Mercoledì 15 Aprile 2020, 09:08 - Ultimo agg. 09:20
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PERUGIA - Vincenzo Sgalla, segretario regionale della Cgil, vuol far vincere il lavoro giocando bene. Vincere e giocare bene, in emergenza Covid-19 non è solo una battuta legata alla sua passione calcistica. Significa fare in modo che la ripartenza della produzione, la Fase 2, non ceda alla velocità, ma punti sul rigore.
Sgalla, sul Messaggero, il presidente di Confindustria Umbria, Antonio Alunni, ha parlato di modello tedesco per la produzione in sicurezza. È uno schema possibile per l’Umbria che può riaprire prima che altre regioni?
«Il ragionamento è molto diverso. Il problema non è quando si riapre, ma come. Sul quando ci sono le leggi. Oggi (ieri, ndr) come sindacati ne abbiamo parlato in videoconferenza con la presidente della Regione, Donatella Tesei. Il tempo che ci divide da qui al 3 maggio va utilizzato per creare le condizioni della ripartenza in sicurezza. Non possiamo accelerare processi, non si può sbagliare, a nessuno è consentito farlo».
Ma non si rischia di perdere troppo tempo?
«Macché. È l’ultimo dei problemi e non è certo la nostra volontà. Dico solo che davanti alla questione economica c’è quella sanitaria. Per questo una ripartenza sbagliata creerebbe ancor più problemi proprio sul piano economico. I primi a capirlo devono essere gli imprenditori».
Allora, segretario, a cosa lega la ripartenza?
«Non solo al protocollo del 14 marzo, ma serve che si guardi a una prospettiva più lunga rispetto all’emergenza. Non bastano le mascherine. Va ridefinito un modello produttivo e della società da qui a che non si trovi la cura o il vaccino anti Covid-19».
Sgalla, cosa vi siete detti con la presidente Tesei?
«Abbiamo convenuto che serve una cabina di regia regionale in grado di anticipare e contribuire a creare un modello organizzativo per la ripartenza, confrontandosi con il governo nazionale, le parti sociali, le università, la parte scientifica e sanitaria. Abbiamo detto che non serve essere veloci, ma rigorosi».
Come sono i rapporti con la giunta regionale?
«Ci siamo arrabbiati per il taglio di parte dei salari degli infermieri, ora ci stiamo impegnando per un premio. Abbiamo apprezzato molto, invece, le chiusure di negozi e supermercati per Pasqua e Pasquetta e speriamo che vengano replicate per 25 aprile e Primo maggio».
Che Umbria sarà dalla Fase 2 al dopo?
«Una premessa: chi fa previsioni con vecchi strumenti pre-emergenza va guardato alla stregua di un cartomante. Serve un cambio di paradigma e prima lo comprendono tutti gli interlocutori e meglio è. E il nuovo paradigma va progettato a partire dalla sicurezza e dalla tenuta sanitaria, serve un modello organizzativo sia sociale che produttivo che eviti il contagio e la ripresa del contagio. Quelli che applicheranno quegli schemi saranno i territori vincenti, non quelli che produrranno di più. Non si può fare concorrenza sul coronavirus. Chi usa questo strumento sbaglia di grosso».
La piccola e zoppicante Umbria pre Covid-19, che partita deve giocare per riprendersi non solo dal lockdown?
«Affrontiamo qualche cosa mai visto prima, ma serviranno ancora le fabbriche e l’economia data dal manifatturiero. Si gioca una nuova partita che parte da zero a zero, ma serve una fabbrica 4.0, che sia etica e che rispetti ambiente e persone. Non avranno più legittimità gli appalti al massimo ribasso, servono salari e diritti. Così il modello Umbria non può che passare dall’agricoltura sana, dal turismo e dalla cultura, ma intrecciate al welfare, al rilancio delle aree interne e alla ricostruzione post terremoto che deve fare il passo avanti decisivo».
E la partita della sanità?
«Come ha detto Angelo Manzotti, segretario regionale Cisl, al Messaggero deve essere pubblica e universale. Dirò di più: anche questo può servire a giocare la carta dell’Umbria come luogo dove vivere la terza età in maniera diversa, abbiamo risorse straordinarie che possono essere un punto attrattivo e vincente».
Sgalla, come guardate le parole della Chiesa sul lavoro?
«Dico solo una cosa molto semplice e lo dico da laico che tiene ai propri riferimenti. Se Papa Francesco, il 28 marzo, aveva convocato ad Assisi i giovani economisti di tutto il mondo per un nuovo modello di sviluppo, qualche cosa vorrà dire. E lo aveva fatto ben prima dell’emergenza coronavirus».
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