RU486, i dilemmi dei politici cattolici sul da farsi e i documenti (ancora validi) della Chiesa che impongono la mobilitazione

RU486, i dilemmi dei politici cattolici sul da farsi e i documenti (ancora validi) della Chiesa che impongono la mobilitazione
RU486, i dilemmi dei politici cattolici sul da farsi e i documenti (ancora validi) della Chiesa che impongono la mobilitazione
di Franca Giansoldati
Mercoledì 26 Agosto 2020, 11:26
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Città del Vaticano – Ad alzare il tiro è stato soprattutto il giornale dei vescovi, l'Avvenire: nei giorni scorsi, a proposito del via libera da parte del ministro della Salute alla RU486 – la pillola abortiva – ha denunciato uno «strappo costituzionale». Pochi giorni prima aveva spiegato che il provvedimento andava anche a cozzare con lo spirito della legge 194.

Il dibattito generale, però, su un tema tanto cruciale per la morale cattolica come quello della pillola abortiva, è sembrato piuttosto fiacco e circoscritto, registrando (a parte Avvenire) scambi deboli persino da parte dei politici cattolici. E al momento non sono all'orizzonte iniziative di peso per contrastare la novità sulla pillola abortiva. 



Eppure in questi giorni sul web sono riaffiorati due documenti della Chiesa (ancora validi)  riguardanti l'atteggiamento che i politici cattolici dovrebbero coerentemente tenere davanti a leggi o provvedimenti considerati contrari alla morale. Il primo venne autorizzato sotto il pontificato di Paolo VI, il secondo dall'allora cardinale Ratzinger che, in una nota dottrinale del 2002, chiariva: chi è impegnato «direttamente nelle rappresentanze legislative ha il preciso obbligo di opporsi ad ogni legge che risulti un attentato alla vita umana». 



«Per essi, come per ogni cattolico, vige l'impossibilità di partecipare a campagne di opinione in favore di simili leggi nè ad alcuno è consentito dare ad esse il suo appoggio con il proprio voto. Ciò non impedisce, come ha insegnato Giovanni Paolo II nella Enciclica Evangelium vitae a proposito del caso in cui non fosse possibile scongiurare o abrogare completamente una legge abortista già in vigore o messa al voto, che un parlamentare, la cui personale assoluta opposizione all'aborto fosse chiara e a tutti nota, potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i dannidi una tale legge e a diminuirne gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica».

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Il tema naturalmente è spinosissimo. Anche per i vescovi parlare di aborto significa entrare in un terreno scivoloso sia dal punto di vista politico, sia dal punto di vista ecclesiale. La Chiesa italiana non chiederà mai l'abolizione della 194 perché andrebbe incontro ad una disfatta certa. Ne era perfettamente consapevole persino il cardinale Camillo Ruini all'epoca conscio che sollevare un argomento simile avrebbe significato aprire un vulnus enorme nella società italiana, nel frattempo sempre più scristianizzata. 

Non è un caso se il presidente della accademia della vita, monsignor Vincenzo Paglia, alcuni giorni fa, in un documento, riferendosi alla pillola abortiva parlava di una legge (la 194) sostanzialmente travolta dalle novità del ministro della Salute e non del tutto attuata. Nelle sue parole non c'erano condanne contro la 194, solo una nota di rammarico sul fatto che non era stata rispettata nella seconda parte. 

Prudenza e circospezione restano nel sottofondo. Durante l'attuale pontificato poi gridare contro l'aborto e difendere la linea pro-life non è di certo una strategia prioritaria come poteva essere in passato. Anzi.

Tuttavia le disposizioni del ministero della salute sull'uso della Ru486 potrebbero anche segnare il superamento di una linea rossa - chissà -  anche se Papa Francesco finora ha preferito non entrare nell'argomento, evitando parole di dispiacere, come del resto hanno fatto i suoi organi di stampa. Non c'è evidentemente stato quel bombardamento che, invece, in altri tempi, con Wojtyla o con Ratzinger, si sarebbe evidenziato a vari livelli, politici ed ecclesiali. 

Il provvedimento ministeriale considerato da Avvenire anticostituzionale nel metodo, nonché' contra legem nel merito si va ad aggiungere ad un secondo dispiacere che il governo Conte sta infliggendo alla Chiesa. Le scuole paritarie navigano in cattive acque e molte di loro si stanno spegnendo per una minore attenzione finanziaria. Decine tra asili e scuole primarie hanno già chiuso i battenti. A questo argomento si aggiunge una politica sui migranti nei fatti poco generosa verso chi arriva in Italia sui barchini della disperazione.

«L'aborto non è qualcosa come bere un bicchiere d'acqua» ha detto il presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti, in merito alle linee guida del ministero sull'aborto farmacologico che annullano l'obbligo di ricovero dall'assunzione della pillola Ru486 fino alla fine del percorso assistenziale e allungano il periodo in cui si può ricorrere al farmaco fino alla nona settimana di gravidanza. «Noi abbiamo detto che c'è una legge ed è la legge fondamentale sull'aborto che dà delle garanzie alla donna. Noi come visione cristiana non potremmo mai accettare la soppressione di un embrione che è una vita nascente e quindi questo è chiaro». 

«La visione cristiana è chiara sulla vita: la vita va dal concepimento fino alla morte naturale - ha aggiunto il presidente dei vescovi italiani -. Ma se si vuole entrare nel merito, la pillola è abortiva. E quindi l'aborto non è qualcosa come bere un bicchiere d'acqua. Vanno date determinate garanzie, un'assistenza medica, ospedaliera. Non può essere risolto solo in un consultorio. A me sembra che quello che diceva la 194 fosse più completo». 

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