Coronavirus, Papa Francesco: ecco com'è nata l'idea di concedere l'indulgenza plenaria

Coronavirus, Papa Francesco: ecco com'è nata l'idea di concedere l'indulgenza plenaria
di Franca Giansoldati
Sabato 28 Marzo 2020, 10:52 - Ultimo agg. 12:51
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Città del Vaticano -  L'idea di concedere l'indulgenza plenaria ai malati del coronavirus, spesso intubati e isolati da tutti, anche dagli affetti più cari, persino nei momenti cruciali della morte quando si avvicina puntuale e spietata, a Papa Francesco è arrivata ascoltando il pianto desolato delle diocesi di Bergamo, Brescia, Cremona, Piacenza, Lodi. Le zone del Nord Italia dove l'oscenità della morte è ormai una prassi ordinaria, quasi banale, segnata dalla impossibilità dei ministri di culto a impartire persino l'estrema unzione ai morenti.

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Il coronavirus veloce e subdolo ha di fatto depotenziato le facoltà pastorali della Chiesa, mettendo quasi in cassa integrazione parroci, vescovi e cardinali. Tutti impossibilitati a portare conforto, ascoltare, consolare da vicino, celebrare, confessare, amministrare i sacramenti. Da qui ha iniziato a prendere corpo il progetto di una grande preghiera collettiva, universale, globale, potente tanto quanto il virus.
 

 

Francesco così è riuscito a raddrizzare anche la sua immagine. Inizialmente quando iniziavano ad arrivare le prime notizie del disastro cinese a Wuhan, con le draconiane misure di quarantena, l'andamento dei contagi e la pericolosità del virus, in Vaticano si è sempre mantenuto un distaccato autocontrollo. Il Papa con la Cina ha in ballo una partita delicata ancora da definire, relativa all'accordo per la definizione dei nuovi vescovi e sulla quale pesano come macigni i giudizi del governo di Pechino. Così per non aprire un altro fronte e limitare incomprensioni il Papa ha voluto non accentuare preoccupazioni sul rischio contagio.

Nel frattempo il suo spin doctor padre Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica affermava addirittura che i cattolici possedevano un antidoto al virus e consisteva nello stare assieme come le Sardine. Tanto che quando già a Bergamo si cominciavano a contare i primi morti e gli scienziati che studiano i virus lanciavano seri allarmi, il 23 febbraio scorso, Papa Francesco si recava a Bari per celebrare una affollatissima messa con 40 mila persone senza contemplare alcuna variazione alla liturgia. Quel giorno la comunione fu data in bocca, il segno di pace fu fatto normalmente e le 40 mila persone risultarono festosamente assiepate. Di mascherine, naturalmente, nemmeno l'ombra. Quel giorno c'erano anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e il presidente della Regione, Emiliano che davanti all'appello di un paio di medici pugliesi di far saltare la visita papale rispose picche mantenendo fisso l'appuntamento.

Nel frattempo però anche in Vaticano cominciavano ad avanzare i primi guai. I Musei Vaticani dove i flussi arrivavano a punte di 20 mila turisti al giorno sono stati chiusi in ritardo, solo la prima settimana di marzo, ma ormai era già troppo tardi, nel frattempo due dipendenti si erano contagiati. Così come si è contagiato un operaio che lavora al Governatorato e sono stati trovati altri positivi in Segreteria di Stato tra cui un monsignore che vive a Santa Marta.

In questo contesto drammatico è maturata l'idea della bellissima preghiera mondiale di ieri contro il Covid-19. Una iniziativa spirituale davvero efficace e potente in grado di includere anche persone lontane, non credenti o tiepide. Con una misura mai concessa prima d'ora, almeno in questi termini. «Si concede l'Indulgenza plenaria ai fedeli affetti da coronavirus, sottoposti a regime di quarantena se, con l'animo distaccato da qualsiasi peccato, si uniranno spiritualmente attraverso i mezzi di comunicazione alla celebrazione della Santa Messa».

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