Fine vita, il documento del Papa contro le eutanasiche pensato per fermare in parlamento i progressisti

Fine vita, il documento del Papa contro le eutanasiche pensato per fermare in parlamento i progressisti
di Franca Giansoldati
Mercoledì 23 Settembre 2020, 09:58 - Ultimo agg. 10:52
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Città del Vaticano – Non ci possono essere spiragli, né dubbi. La dolce morte per un cattolico resta «un atto intrinsecamente malvagio, in qualsiasi occasione o circostanza». Un crimine. Di conseguenza quei politici progressisti o di ispirazione cattolica che nei Parlamenti di tutto il mondo lavorano per «approvare leggi sull’eutanasia e il suicidio assistito si rendono complici del grave peccato che altri eseguiranno».

Il Vaticano - con il documento approvato dal Pontefice e licenziato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede - intitolato Il Buon Samaritano, ha deciso di sgombrare i dubbi affiorati in questi anni in molti paesi e chiarire una volta per tutte che la posizione del Magistero sul fine vita non è cambiata di una virgola. Che i parlamentari progressisti non possono prendere il Magistero e adattarlo alle circostanze politiche o alle alleanze in parlamento. Di fatto l'intervento papale si è reso necessario davanti al moltiplicarsi dei casi di cronaca, oltre che dal sempre maggiore numero di legislazioni nazionali modificate per legalizzare l’eutanasia o il suicidio assistito nei confronti di persone seriamente ammalate o con gravi problemi psicologici. 

Per l'Italia i nomi di Eluana Englaro, Piergiorgio Welby, Dj Fabo vengono così immediatamente richiamati alla memoria. I loro volti, così come le loro storie hannolacerato, commosso e sconvolto l'opinione pubblica italiana. Esattamente come è avvenuto in Francia con l'acceso dibattito sul caso di Vincent Lambert che ha tenuto con il fiato sospeso milioni di persone. E' davanti a tanto dolore per malattie incurabili che il dramma del fine vita ha alimentato la discussione. Persino nella Chiesa si è fatta largo l'idea (sbagliata) che il pontificato riformatore di Papa Francesco potesse avere aperto un timido spiraglio possibilista rispetto al rigore del passato. In Belgio, per esempio, c'è stato ultimamente il caso delle 15 cliniche cattoliche per malati psichici che non escludevano al loro interno pratiche eutanasiche. Il braccio di ferro tra le cliniche con la Congregazione per la dottrina della fede ha indotto il Papa ad autorizzare un documento capace di evidenziare cosa sia lecito e cosa no. «L'eutanasia è una grave violazione della Legge di Dio, in quanto uccisione deliberata moralmente inaccettabile di una persona umana (..) e comporta una offesa alla legge divina, alla dignità della persona umana, resta un crimine contro la vita». 

Quello che la Chiesa si aspetta da chiunque abbia a che fare con malati terminali – cappellani, medici e infermieri - è di assicurare agli infermi un accompagnamento secondo lo spirito del Buon Samaritano narrato dal Vangelo. E questo anche quando «la guarigione è impossibile o improbabile. In tal caso l’accompagnamento medico-infermieristico, psicologico e spirituale è un dovere ineludibile, poiché l’opposto costituirebbe un disumano abbandono del malato». Il documento vaticano cerca anche di dare un chiarimento al perché questa tendenza sia sempre più diffusa. Innanzitutto, viene spiegato, esistono fattori culturali che limitano la capacità di cogliere il valore della vita compreso un uso equivoco del concetto di “morte degna” in rapporto con quello di «qualità della vita».

Spesso la cultura dominante appare plasmata da una prospettiva utilitaristica, e la vita viene considerata di conseguenza degna di essere vissuta solo con se ha certe caratteristiche psichiche o fisiche, se il corpo è totalmente auto sufficiente e ancora forte. A questa deformazione si aggiunge anche la percezione sbagliata della compassione. Che non consiste tanto nel provocare la morte, «ma nell’accogliere il malato, nel sostenerlo” offrendogli affetto e mezzi per alleviare la sua sofferenza. Secondo il Vaticano è di fronte alle leggi che legalizzano pratiche eutanasiche che sorgono “dilemmi infondati sulla moralità di atti che, in realtà non sono che atti dovuti di semplice accudimento della persona, come idratare e alimentare un malato in stato di incoscienza senza prospettiva di guarigione».

L'idratazione e l'alimentazione, dunque, non devono mai venire meno. Naturalmente per la Chiesa resta fermo il compito di proteggere e accompagnare il malato con la dignità umana che le è dovuta. Ecco perché si ricorda che esiste anche un «obbligo morale di escludere l'accanimento terapeutico. Il che significa che non è lecito sospendere le cure efficaci per sostenere le funzioni fisiologiche essenziali finché l'organismo è in grado di beneficiarne».

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