Giuseppe Ambrosoli beato in Uganda: chi è il rampollo dell'industriale italiano del miele che fondò un ospedale nella giungla

Giuseppe Ambrosoli beato in Uganda: chi è il rampollo dell'industriale italiano del miele che fondò un ospedale nella giungla
Domenica 20 Novembre 2022, 11:40
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Diventa beato il rampollo di una nota famiglia di imprenditori lombardi, gli Ambrosoli, quelli del Miele. Dopo due anni di attesa per la pandemia, la Chiesa beatifica in Uganda dove ha vissuto per trent'anni il missionario comboniano, medico, Giuseppe Ambrosoli. E' morto alla fine degli anni Ottanta spendendo ogni energia per mettere in salvo dalla guerra i suoi pazienti nell'ospedale che aveva fondato a Kalongo. 

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Era nato nel 1923 a Ronago – un paese della provincia di Como, a due passi dalla Svizzera – figlio del fondatore dell’omonima azienda del miele.

Nel quarantadue si iscrisse alla facoltà di Medicina e durante gli anni segnati dalla guerra non mancò di spendersi per aiutare a mettersi in salvo i “profughi” (ebrei e partigiani) che sulle montagne comasche cercavano di arrivare in Svizzera. Per evitare problemi alla famiglia fu obbligato a prestare servizio nella Repubblica di Salò, un passaggio complicato della sua esistenza che non ha mai nascosto. Quando di laureò nel 1949 con una specializzazione in malattie tropicali, entrò tra i missionari comboniani per i quali fu ordinato sacerdote dall’allora arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini. 

Nel febbraio 1956, così, s’imbarcò per l’Africa dove fu destinato a Kalongo, allora un villaggio sperduto nella savana, nel Nord dell’Uganda. «Al mattino – ha raccontato a Mondo e Missione la nipote Giovanna, oggi alla guida della Fondazione che ne continua l’opera – iniziava a operare prestissimo, poi alle due mangiava un boccone, quindi via all’ambulatorio. Nel tardo pomeriggio la celebrazione della Messa e l’attività pastorale e la sera l’incontro con i medici e poi ancora lo studio fino a tarda notte».

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Nel 1987, nel pieno della guerra civile nel Nord Uganda, padre Giuseppe fu costretto per ordine militare a evacuare l’ospedale in sole 24 ore. Appena 44 giorni dopo l’evacuazione dell’ospedale, morì per una crisi renale. La chiesa ha riconosciuto il miracolo avvenuto per sua intercessione: la guarigione di Lucia Lomokol, una donna che il 25 ottobre 2008 stava per morire a 20 anni di setticemia, dopo aver perso il figlio che portava in grembo. All’ospedale era arrivata troppo tardi e allora uno dei medici, vista l’impossibilità ormai di alcuna terapia, le aveva posto sotto il cuscino l’immagine di padre Giuseppe invitando i familiari a invocare il “grande dottore”.

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