Il Patriarca Kirill dà forfait e non vuole incontrare Papa Francesco in Kazakistan, irritato per essere stato chiamato «chierichetto di stato»

Il Patriarca Kirill dà forfait e non vuole incontrare Papa Francesco in Kazakistan, irritato per essere stato chiamato «chierichetto di stato»
Il Patriarca Kirill dà forfait e non vuole incontrare Papa Francesco in Kazakistan, irritato per essere stato chiamato «chierichetto di stato»
di Franca Giansoldati
Giovedì 25 Agosto 2022, 11:56 - Ultimo agg. 12 Novembre, 14:47
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Città del Vaticano – Il Patriarca di Mosca, Kirill e Papa Francesco non solo non si incontreranno a settembre in Kazakistan, al meeting governativo periodico che raggruppa diversi leader religiosi mondiali, ma nemmeno è all'orizzonte un futuro colloquio, da pianificare in altra data e in un altro luogo. A giugno era saltato quello a Gerusalemme e ora è il turno di quello kazako. Per il Patriarcato russo i tempi non sono maturi, la guerra in Ucraina ha mandato all'aria lo stretto sentiero ecumenico che era stato delineato a Cuba nel 2016 e al 'fratello' Kirill, secondo quanto si apprende da fonti diplomatiche, non sono mai state digerite le critiche formulate da Bergoglio di essere un «chierichetto di Stato».

Naturalmente sullo sfondo di queste posizioni si muovono in parallelo altri fattori, primo tra tutti la ferma opposizione di Kirill – gran sostenitore della “guerra giusta” di Putin contro l'occidente corrotto – al grande sogno di Papa Bergoglio di effettuare, come vorrebbe, un viaggio a Mosca.

Sarebbe il primo Pontefice a poter coronare questo progetto che per forza di cose è destinato a restare congelato ancora per parecchio, almeno fintanto che il conflitto russo-ucraino non si risolva. E al momento, anche osservando l'andamento delle relazioni ecumeniche nella triangolazione Roma, Kiev e Mosca, sembrerebbero profilarsi tempi piuttosto lunghi e difficili.

Altro che trattative di pace, come continua a predicare speranzoso Francesco lanciando ciclici appelli alla moderazione e alla sua disponibilità a farsi da facilitatore. In una recente intervista si era detto pronto a volare a Mosca, aveva chiesto al cardinale Parolin, dopo venti giorni di guerra, di fare arrivare a Putin il messaggio di essere disposto a viaggiare ma dal leader del Cremlino non è mai arrivata una replica positiva. 

Difficile che il sogno di andare a Mosca possa avvenire contro il 'niet' del coriaceo Kirill. Il Papa ha persino messo in secondo piano un suo viaggio a Kiev, come imploravano gli ucraini. Ha però spedito a Leopoli e sui luoghi dei massacri il suo ministro degli Esteri, Gallagher e il cardinale polacco Kraiewski munito di aiuti sostanziosi per la popolazione e in seguito anche il cardinale Czerny che si è concentrato sulle zone di confine dove sono ammassati i profughi.

Il presidente ucraino Zelenski ha reiteratamente insistito su Papa Francesco, telefonandogli, chiedendogli di  cambiare idea e prepararsi a una visita simbolica sui luoghi del martirio ucraino, nel teatro degli orrori di Bucha ma finora niente da fare. Persino durante l'ultima telefonata, Bergoglio avrebbe preso tempo, spiegando a Zelenski di essere sottoposto al volere dei medici che evidentemente non sono tanto propensi a che il Papa faccia sforzi con quel ginocchio tanto dolorante. 

Francesco naturalmente ha denunciato gli orrori della guerra in Ucraina ma, al tempo stesso, ha cercato di mantenere una porta aperta al dialogo con Mosca, evitando di condannare la Russia e il presidente Vladimir Putin parlandone pubblicamente. Il suo approccio sbilanciato tra aggressore e aggredito ha finito per irritare Kiev, che anche questa settimana si è lamentata dopo che il Papa, durante l'udienza, due giorni fa, ha rivolto un pensiero misericordioso, quasi una preghiera, alla memoria di Darya Dugina, una giornalista russa nazionalista e figlia del teorico politico russo di destra Alexander Dugin, entrambi sostenitori strenui di una guerra sacrosanta. Francesco ha annoverato la Dugina come una povera ragazza uccisa da un'autobomba tra gli "innocenti" che sono stati vittime della "follia della guerra".

La reazione dell'ambasciatore ucraino presso la Santa Sede, Andrii Yurash, è stata immediata affermando che le parole di Francesco erano «deludenti» perchè di fatto equiparano «aggressore e vittima, stupratore e stuprato». In un tweet di mercoledì, ha chiesto come fosse possibile per Francesco citare un «ideologo dell'imperialismo come vittima innocente». Le parole di Papa Francesco sulla Dugina hanno provocato altre reazioni a catena non solo in Ucraina ma anche in Polonia, dove non sono mancate critiche durissime sul principale quotidiano Gazeta Wyborcza

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