Padre Georg in tribunale, chiamato come testimone per i fondi del Coro della Cappella Sistina

Padre Georg in tribunale, chiamato come testimone per i fondi del Coro della Cappella Sistina
Franca Giansoldatidi Franca Giansoldati
Lunedì 12 Giugno 2023, 20:15
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Monsignor Georg Gaenwein si è presentato nell'aula del tribunale vaticano in largo in anticipo, visibilmente dimagrito e serio, per testimoniare al processo sulla gestione dei fondi del Coro della Cappella Sistina. «Giuro sul Santo Vangelo di dire tutta la verità, nient'altro che la verità». Ha letto con voce ferma e solenne la formula di rito che apre ogni udienza. Per assurdità quel “Nient'altro che la verità” è anche il titolo del suo ultimo best-seller in cui ha raccontato tanti aspetti inediti e sconosciuti sulla sua vita al Monastero a fianco del defunto Papa Emerito, facendo affiorare, in diversi passaggi, un rapporto un po' tortuoso con Papa Francesco. 

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Il procedimento penale in corso (aggiornato al 26 luglio) è a carico di monsignor Massimo Palombella, all'epoca maestro del prestigioso coro vaticano, Michelangelo Nardella ex amministratore della società e Simona Rossi, sua consorte, tutti accusati a vario titolo di peculato, riciclaggio e truffa. Gaenswein per anni è stato loro superiore, visto che il coro dipendeva dalla Prefettura della Casa Pontificia (di cui lui è stato titolare fino a che Papa Francesco non lo ha sollevato dall'incarico con la motivazione di stare più vicino all'anziano Ratzinger). 

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«Prima che se ne vada all'estero, in Germania, procediamo dunque ad ascoltare la sua testimonianza» ha esordito il presidente del tribunale, Giuseppe Pignatone facendo accomodare don Georg e dando lettura del quadro di riferimento dei fatti, una vicenda alquanto intricata che prende il via nel 2014 quando arrivarono in Vaticano le lamentele dei genitori dei pueri cantores che formano le voci bianche e si sospettava fossero sottoposti ai modi bruschi del maestro Palombella, un religioso salesiano molto vicino al cardinale Tarcisio Bertone. 

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«Preciso di avere nutrito sospetti quando ricevetti lamentele dei genitori.

Ovviamente parlai subito a Palombella e gli dissi di non esagerare con i suoi atteggiamenti duri. Ma le lamentele continuarono e due anni dopo, siamo nel 2016, le rimostranze arrivarono anche dai cantori adulti, stavolta con lettere giunte direttamente in Segreteria di Stato. Fui allora convocato dal Segretario di Stato perché voleva avere spiegazioni». Visto che il clima era diventato irrespirabile il Papa, l'anno successivo, decise di avviare una visita apostolica incaricando un prelato di sua fiducia di capire cosa stesse accadendo di anomalo. In quel periodo Nardella inviava anche un falso messaggio a una associazione di medici anche se lui si giustificò dicendo che qualcuno gli aveva rubato la password del computer. Da allora Nardella è stato sospeso dal lavoro, senza stipendio e ora, solo dopo cinque anni, è stato avviato il processo.

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L'ex segretario personale di Ratzinger ha ripetuto di avere sempre «nutrito sospetti sulla sincerità e la rettitudine» degli imputati e proprio per questo decise di allertare l'Aif, l'authority finanziaria dalla quale ha poi preso l'avvio dell'indagine sui conti. «Il mio era un sospetto, una sensazione ma c'erano elementi, tuttavia sono ormai passati sei anni e non posso ricordare i particolari». Ha anche spiegato che nel bilancio del Coro c'era una voce extra che serviva per pagare artisti e cantori non in organico e che spettava all'amministrazione provvedere alle retribuzioni. Tuttavia, ha aggiunto che «non era al corrente di scorrettezze dal punto di vista finanziario».

«Il Coro agiva nella massima autonomia, anche se faceva capo alla Prefettura della Casa Pontificia. Io non conosco la moglie del dottor Nardella ma ricordo due o tre assegni emessi dalla Deutsche Grammophone (per incisioni discografiche effettuate dal Coro ndr). Vennero consegnati alla Prefettura per il Papa. Per quanto riguarda gli introiti io non ne ho mai visti». Per le tournée che il Coro effettuava, anche all'estero, l'istituzione musicale riceveva ovviamente dei compensi ma alla Prefettura non spettava alcun tipo di controllo amministrativo. 

All'udienza precedente l'avvocata Laura Sgrò che difende Nardella aveva avanzato preliminarmente eccezioni di non luogo a procedere in merito alla validità e alla inutilizzabilità delle prove, essendo il processo nato da un rapporto dell'Aif (ora Asif, l'autorità di intelligence finanziaria) che però non avrebbe avuto titolo a indagare, laddove la segnalazione avrebbe, invece, dovuto essere inoltrata all'Ufficio del revisore generale, che invece sul caso non è stato mai interpellato. Sgrò ha sempre ribadito che «tutta una serie di documenti sembrerebbero stati acquisiti illegittimamente» il che significa, a suo dire, che «manca totalmente il diritto alla difesa», essendo le indagini durante quasi cinque anni, dal 2018, «mentre noi non siamo stati messi in grado neanche di nominare un consulente tecnico di parte». Il tribunale vaticano ha giustificato la lungaggine delle indagini da una serie di impedimenti, prima c'è stato il Covid, poi una rogatoria in Italia e, infine, la malattia dell'ex capo dell'ufficio del Promotore di Giustizia, Gian Piero Milano. 

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