25 Aprile, la Chiesa beatifica il parroco che si oppose ai nazisti dopo la strage di Marzabotto

25 Aprile, la Chiesa beatifica il parroco che si oppose ai nazisti dopo la strage di Marzabotto
di Franca Giansoldati
Domenica 25 Aprile 2021, 14:27 - Ultimo agg. 14:32
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Città del Vaticano – Il Vaticano ha scelto il giorno del 25 aprile – festa della Liberazione – per beatificare don Giovanni Fornasini, martire in odio alla fede, a Monte Sole nel 1944, a pochi chilometri da Marzabotto, nel bolognese. Quella di don Fornasini è una storia esemplare di eroismo, carità cristiana, rettitudine morale. Questo parroco è stato per questo onorato con la medaglia d’oro alla memoria con la seguente motivazione:  «Voce della fede e della patria, osava rinfacciare fieramente al tedesco la inumana strage di tanti deboli ed innocenti richiamando anche su di sé le barbarie dell’invasore e venendo a sua volta abbattuto, lui pastore, sopra il gregge che, con estremo coraggio, sempre aveva protetto e guidato con la pietà e con l’esempio».

Fornasini fu ucciso a 29 anni, sulla linea Gotica, quando era parroco a Sperticano di Monte Sole, sulle colline bolognesi.

Nel periodo bellico, con la sua bicicletta, lavorava tanto a fianco della sua gente e varie volte si offrì anche come vittima al posto di altri e per molti ottenne anche la grazia. Fu trucidato dai nazisti il 13 ottobre 1944, quando si recò con un comandante tedesco a San Martino di Caprara, per seppellire e benedire le vittime della strage  compiuta; ma non fece più ritorno.

Il suo cadavere rimase insepolto fino al 22 aprile 1945, il giorno successivo alla liberazione di Bologna, quando fu trovato dal fratello Luigi, che finalmente potè andare in quei luoghi fino ad allora interdetti. Lo trovò su un mucchio di altri cadaveri, con ancora la veste talare addosso; gli esami autoptici hanno rilevato che la sua fu una morte lenta e dolorosa, probabilmente procurata a colpi di bastone. 

L’inizio della Causa di beatificazione è stato un po' complessa. Il processo si è aperto nel 1998, cioè ben 54 anni dopo la sua morte. E' stato appurato che la sua azione non era tollerata né dai fascisti né dai nazist e che intervenne più volte sui nazisti per far rilasciare degli uomini accusati ingiustamente di atti di sabotaggio come nel caso dello scoppio del treno nella galleria di Marzabotto.

Gli assalti dei partigiani alle SS e alla caserma dei carabinieri, i bombardamenti continui, portarono ad una reazione violenta degli occupanti con rastrellamenti brutali sulle montagne.

Nella canonica ospitava sfollati, si prodigò per i prigionieri, diede degna sepoltura ai morti. Dopo la strage di Marzabotto avvenuta tra il 28 e 29 settembre del 1944 e costata la vita a 770 persone il parroco il 29 settembre fu imprigionato dalle SS. Il giorno successivo fu liberato perché si assodò che il suo era un impegno a favore del popolo e non di tipo politico. In questo clima di incertezza don Fornasini si recava a Bologna per ricevere il salvacondotto in modo da poter circolare tra le zone occupate, in particolar modo salire in montagna a San Martino dove di diceva che vi fossero stati uccisi tanti civili. Le autorità tedesche non gli permisero di salire in montagna. Fuori la sua canonica iniziano i rastrellamenti e le uccisioni sommarie.

Poco dopo i soldati lo invitarono a seguirli in montagna per dare degna sepoltura ad alcuni morti. Il parroco seppur sconsigliato di recarsi con loro, armato dei libri liturgici si recò a San Martino di Caprara. Da qui non fece più ritorno. Il corpo venne ritrovato alla fine della guerra dal fratello Luigi. Fu colpito prima alla tibia sinistra e poi alla clavicola sinistra. Successivamente al torace dove alcune costole risultavano rotte. A questo punto gli fu sfondata la testa con più colpi poi con una arma da taglio gli venne inferta una ferita alla vertebra cervicale. La morte di don Giovanni fu lenta e l’agonia terribile.

Il corpo fu recuperato alla fine della guerra. A causa delle intemperie a cui il corpo fu sottoposto, per ben sei mesi dopo la sua morte, la testa, già incisa con la lama alla IVa vertebra cervicale, si staccò dal tronco. Per la Chiesa è stato appurato che da parte delle SS c'è stato odium fidei condito da rancori per questo prete che era una coscienza viva e critica.

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