Il Papa convoca tutti i nunzi dopo 3 anni: il mondo è sull'orlo di una guerra, il multilateralismo agonizzante e la crisi è globale

Il principale nodo da affrontare nell'immediato riguarda la grande questione ucraina

Il Papa convoca tutti i nunzi dopo 3 anni: il mondo è sull'orlo di una guerra, il multilateralismo agonizzante e la crisi è globale
Il Papa convoca tutti i nunzi dopo 3 anni: il mondo è sull'orlo di una guerra, il multilateralismo agonizzante e la crisi è globale
di Franca Giansoldati
Giovedì 8 Settembre 2022, 12:52 - Ultimo agg. 9 Settembre, 14:21
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Città del Vaticano – Erano tre anni che Papa Francesco non convocava a Roma i suoi nunzi apostolici, gli oltre 200 diplomatici della Santa Sede che tengono i rapporti con i governi e con gli episcopati locali. Diplomatici sui generis, in talare, poiché non difendono tanto interessi economici o militari anche se, nel ruolo di decani, spesso vengono incaricati di fare da facilitatori su vari dossier agendo soprattutto sul fronte umanitario. In questo quadro la convocazione di questo summit assume un peso tutto particolare per via della crisi del multilateralismo e la perdita di peso delle organizzazioni internazionali e, nello stesso tempo, l'aumento dei conflitti non ultimo l'invasione della Ucraina da parte della Russia, una crisi che ha innescato un effetto domino in campo economico e finanziario, rendendo ancora tutto più incerto l'orizzonte comune, al punto che stamattina Papa Francesco aprendo i lavori e il dibattito libero che ne è seguito ha sintetizzato l'allarme di una guerra mondiale che procede “a pezzetti”, mentre si allunga l'ombra del conflitto nucleare. 

«La tempesta della pandemia da Covid-19 ci  ha costretti a varie limitazioni della vita quotidiana e delle nostre attività pastorali. Ora sembra che il peggio sia passato, e grazie a Dio possiamo ritrovarci. Ma purtroppo l’Europa e il mondo intero sono sconvolti da una guerra di speciale gravità, sia per la violazione del diritto internazionale, sia per i rischi di escalation nucleare, sia per le pesanti conseguenze economiche e sociali. È una terza guerra mondiale “a pezzi”, di cui voi siete testimoni nei luoghi in cui state svolgendo la vostra missione.

Vi ringrazio per tutto quello che le Rappresentanze Pontificie hanno fatto e stanno facendo in queste situazioni di sofferenza. Avete portato ai popoli e alle Chiese la vicinanza del Papa; siete stati punti di riferimento nei momenti di maggiore smarrimento e turbolenza» ha detto Papa Francesco ai suoi rappresentanti pontifici. In una delle sale del palazzo apostolico anche i nunzi a Kiev, a Washington, a Mosca. 

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Sul tavolo del segretario di Stato, Pietro Parolin – che è il capo della diplomazia d'oltretevere – i dossier più complessi si stanno accumulando, spesso senza soluzioni in vista. In questi anni il modo di agire di Bergoglio spesso ha bypassato totalmente i nunzi, a volte spiazzandoli. 

Il principale nodo da affrontare nell'immediato riguarda la grande questione ucraina. Papa Francesco inizialmente ha cercato di fare leva sui suoi rapporti privilegiati con Putin e con il Patriarcato di Mosca – che lo avevano portato ad un incontro con Kirill nel 2016 a Cuba – pur di farsi facilitatore per un cessate il fuoco. La sua azione però non ha avuto alcun successo finendo per sollevare perplessità e irritazione nei paesi confinanti con la Russia (Polonia, paesi baltici, Romania). Naturalmente l'Ucraina continua a sperare in un viaggio-pellegrinaggio papale sui luogi del martirio ma al momento il Papa si è giustificato che continua a fargli male il ginocchio e i medici gli hanno suggerito di non sforzarlo troppo. Papa Bergoglio ha evidentemente traccheggiato e rimandato ogni decisione in merito, pur di non effettuare nessuna visita in Ucraina, sperando di poter prima fare un viaggio a Mosca a perorare personalmente la causa della pace presso Putin. Il Cremlino finora ha risposto picche mentre in Ucraina tra la gente aumentano gli interrogativi sul perchè non ha mai voluto essere più esplicito nel definire con nome e cognome l'aggressore. Qualcuno ha persino evocato il ruolo di Pio XII durante il nazismo. In diverse occasioni il Vaticano ha parlato di guerra di aggressione e di un quadro internazionale molto preoccupante. 

Sulla scrivania di Papa Francesco si sono accumulati anche altri dossier. Il più grave riguarda la Cina e la situazione dei cattolici interna. Pur di salvare l'accordo siglato con Pechino ad experimentum per il rinnovo dei vescovi, finora il pontefice non ha emesso un fiato per difendere i diritti umani, inoltre il caso di Taiwan, quello di Hong Kong e, soprattutto, la vergognosa situazione riguardante la minoranza musulmana degli Uiguri al centro di un corposo dossier dell'Onu recentemente pubblicato e provante torture e sterilizzazioni forzate sulle donne uigure non sono mai stati evocati pubblicamente. Papa Francesco li ha semplicemente ignorati.

E poi ancora dossier sul Nicaragua, sul Venezuela, sulla Bolivia, su Cuba, sugli Stati Uniti (dove è in corso un sotterraneo e micidiale scontro tra cattolici pro life e cattolici progressisti). 

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Naturalmente in campo internazionale è difficile distinguere nettamente dove finisce l'azione politica e dove comincia quella spirituale da parte della Santa Sede. La riprova, ancora una volta, arriva da un viaggio: la prossima trasferta in Kazakistan prevista per la prossima settimana, dove Francesco andrà per parlare di pace ad un congresso mondiale delle religioni. Avrebbe dovuto prendervi parte anche il patriarca russo Kirill ma sullo sfondo le sue posizioni nazionaliste sulla guerra (definita una guerra giusta) lo hanno costretto ad un passo indietro. Al suo posto ci sarà il suo vice, Antonj. In parallelo a questo congresso inter-religioso organizzato dal governo di Nursultan, si svolgerà un incontro politico ed economico tra varie potenze, tra cui la Cina che considera il Kazakhstan un luogo cerniera che rientra tra i suoi interessi primari per via dei grandi giacimenti di gas. Così proprio nei giorni in cui il Papa sarà in Kazakhstan sarà in visita nel paese caucasico anche il presidente cinese Xi Jinping il 14 settembre. Naturalmente sono partite subito le speculazioni su un loro possibile contatto. Cosa che però viene scartata dagli osservatori internazionali. I tempi non sono maturi nemmeno su quel fronte. 

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