Il messaggio del Papa al Messaggero: bisogna connettere la notizia con la persona

Il messaggio del Papa al Messaggero: bisogna connettere la notizia con la persona
di Paolo Ruffini
Lunedì 10 Dicembre 2018, 07:29 - Ultimo agg. 11 Dicembre, 00:34
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La visita di Papa Francesco al Messaggero la raccontano le tante immagini e le poche parole. Le immagini che testimoniano, attraverso gli sguardi, la verità semplice di un incontro. Le parole che dicono così tanto dell'attenzione del Papa alla concretezza della realtà e al modo in cui la sua narrazione - non solo giornalistica - può deformarla.

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L'ANIMA DI ROMA
Per dieci anni, dal 1986 al 1996, il Messaggero è stato il mio giornale. Non solo perché (romano d'adozione) lo leggevo ogni mattina, ma perché ogni giorno ci lavoravo, fino a notte, aspettando prima di tornare a casa che fossero stampate le prime copie. Da redattore all'inizio, da vice direttore poi; da semplice lettore oggi, sempre ho riflettuto sul valore di ciò che lega in maniera simbiotica l'anima del giornale all'anima della città. Per questo - credo - Francesco ha voluto vederlo dal di dentro, il Messaggero, il giornale che legge ogni giorno. Per incontrare, attraverso chi materialmente ogni giorno lo fa, la sua città. Per capire meglio l'anima di Roma. E per risalire allo stesso tempo tutta la complessa filiera dell'informazione, dal giornale stampato alla sua fabbrica, fin dentro lo stanzone della cronaca.
Solo il rapporto speciale fra il Vescovo di Roma e la sua città, e l'attenzione particolare del Papa al mondo dell'informazione possono spiegare l'intensità dell'incontro di ieri. Che è stato innanzitutto un incontro con le persone.

PARLARE ALLA PERSONA
Parlare alla persona tutta intera è per Papa Francesco un dovere inderogabile dei giornalisti e in generale di ogni comunicatore. Come ha detto una volta, incontrandoli, agli operatori di Tv2000, la Tv della Chiesa italiana: «Occorre parlare alle persone intere: alla loro mente e al loro cuore, perché sappiano vedere oltre l'immediato, oltre un presente che rischia di essere smemorato e timoroso».
Non riuscire a vedere. Davvero questo sembra essere il male del nostro tempo, così segnato dagli ismi che deturpandone i significati deformano i concetti in caricature; che riducono le persone in tipi, o meglio ancora stereotipi, che imprigionano la verità delle relazioni; che spacciano la parte per il tutto; che si accontentano della connessione invece di creare una vera comunicazione.
È interessante allora notare come quest'anno, iniziato con il messaggio del Papa sulle fake news e il giornalismo di pace del 24 gennaio scorso, si avvii alla sua conclusione con la visita al Messaggero; e come il tema già indicato da Francesco per la prossima giornata mondiale delle comunicazioni parli della necessità di passare dalle community alla comunità, cioè da reti di fili e di onde all'incontro fra persone tutte intere, in carne ed ossa.

NON ACCONTENTARSI
È come se, con poche semplici parole, il Papa abbia in sostanza ricordato ai giornalisti tutti, e a un giornale che ha fatto della laicità la sua bandiera, l'importanza di non accontentarsi del sentito dire, ma di andare alle fonti prime; di non fermarsi alla prima risposta bella e pronta, sfornata magari dalla propaganda interessata, ma di guardare la concretezza delle cose e alla verità delle persone, senza paraocchi o occhiali correttivi (in meglio o in peggio) della realtà.
È come se il Papa abbia chiesto ai giornalisti di riscoprire l'inquietudine della ricerca, e in essa la laicità nel suo senso più vero. Che è l'apertura all'incontro con la realtà. È il faticoso esercizio del discernimento, della responsabilità. È evitare - come ripete Francesco - la sindrome del troppo pieno, che satura la percezione con un eccesso di slogan; che anziché mettere in moto il pensiero lo annulla; che invece di percorrere la via lunga della comprensione preferisce quella breve della ricerca dei capri espiatori o delle persone ritenute in grado da sole di risolvere tutti i problemi.

UNA STAGIONE CONVULSA
Viviamo una stagione convulsa. Che le consuma le parole. Le appiattisce. Privandole di senso. Una di queste è proprio informazione. Con la sua visita a Il Messaggero è come se il Papa ci abbia voluto ricordare l'importanza dell'informazione nel tessere, o nello strappare, l'anima di un popolo.

*Prefetto del Dicastero
per la Comunicazione
della Santa Sede

 

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