Vaticano, la riforma della curia nel 2019 vedrà la luce ma è impossibile sapere quanto finora abbia fatto risparmiare al Papa

Vaticano, la riforma della curia nel 2019 vedrà la luce ma è impossibile sapere quanto finora abbia fatto risparmiare al Papa
di Franca Giansoldati
Lunedì 12 Novembre 2018, 15:05
2 Minuti di Lettura
Città del Vaticano -  La riforma della curia pare sia davvero «a una svolta importante». L'anno prossimo verrà approvata. Ad assicurarlo è stato monsignor Marcello Semeraro, vescovo di Albano e segretario del Consiglio dei Cardinali (l'organismo istituito dal Papa per ridisegnare l’amministrazione vaticana, snellirla, fare accorpamenti e renderla meno dispendiosa e più efficente). Semeraro ha affrontato l’argomento durante l’inaugurazione dell’anno accademico del Laterano, informando che le strutture ecclesiali dovranno diventare «un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’auto-preservazione». È ora «prevedibile», ha aggiunto, che si proceda con una consultazione sul testo elaborato dal Consiglio di Cardinali, proprio com’era avvenuto con la Pastor Bonus di San Giovanni Paolo II.

Tuttavia ad una domanda esplicita su quanto sia stato finora risparmiato con gli accorpamenti effettuati in questi anni con alcuni dei pontifici consigli, Semeraro ha risposto un po’ imbarazzato dicendo di non saperlo. «Di queste cose se ne occupa la Segreteria per l’Economia». Eppure la riforma della curia e la decisione di accorpare diversi organismi era stata decisa all’inizio del pontificato proprio per riuscire a fare economia, all’insegna di una spending review, poichè il peso economico delle strutture cominciava a diventare non più sostenibile per le casse vaticane.

Il vescovo di Albano, nella sua relazione, ha ricordato che i criteri guida della riforma sono stati elencati da Francesco in alcuni suoi discorsi. La «sussidiarietà», per esempio, che «deve servire di sostegno per i membri del corpo sociale e non mai distruggerli e assorbirli». La «decentralizzazione», la «gradualità», che implica tappe, verifiche, correzioni, sperimentazioni, approvazioni ulteriori: non si tratta dunque di «indecisione» ma di «flessibilità necessaria» per poter ottenere una vera riforma e «non è da escludere che tale criterio rimanga pure a promulgazione avvenuta». La «tradizione», che è il principio della fedeltà alla storia e della continuità col passato: sarebbe “fuorviante” pensare ad una riforma che stravolga l’intero impianto curiale. Si tratta dunque di lavorare «a lunga scadenza - ha aggiunto Semeraro - senza l’ossessione dei risultati immediati».
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA