Il Papa all'Agenzia delle Entrate: «Le tasse siano giuste e chi le gestisce non deve arricchirsi»

Francesco ripete che «la tassazione è segno di legalità e giustizia»

Il Papa all'Agenzia delle Entrate: «Le tasse siano giuste e chi le gestisce non deve arricchirsi»
Il Papa all'Agenzia delle Entrate: «Le tasse siano giuste e chi le gestisce non deve arricchirsi»
di Franca Giansoldati
Lunedì 31 Gennaio 2022, 12:38 - Ultimo agg. 1 Febbraio, 11:44
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Città del Vaticano – Le tasse statali siano giuste e in funzione del bene comune e, soprattutto, «chi gestisce il patrimonio di tutti ha la grave responsabilità di non arricchirsi». Papa Francesco parla di trasparenza, legalità e imparzialità ricevendo in Vaticano una delegazione della Agenzie delle Entrate. Il tema trattato è quello del fisco. Nel discorso sottolinea che il denaro non va mai demonizzato, semmai l'invito è a farne «un uso giusto, a non restarne schiavi, a non idolatrarlo. In questo quadro, i principi di legalità, imparzialità e trasparenza diventano una bussola preziosa». 

Francesco ripete che «la tassazione è segno di legalità e giustizia» ma «deve favorire la redistribuzione delle ricchezze, tutelando la dignità dei poveri e degli ultimi, che rischiano sempre di finire schiacciati dai potenti.

Il fisco, quando è giusto, è in funzione del bene comune. Lavoriamo perché cresca la cultura del bene comune, perché si prenda sul serio la destinazione universale dei beni». 

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Francesco ripete che la proprietà privata non è un assoluto ma va subordinata allo stile della comunione e della condivisione per il bene di tutti. «Tuttavia, accanto ai casi di evasione fiscale, di pagamenti in nero, di illegalità diffusa, voi potete raccontare l’onestà di molte persone che non si sottraggono al loro dovere, che pagano il dovuto contribuendo così al bene comune. Alla piaga dell’evasione risponde la semplice rettitudine di tanti contribuenti, e questo è un modello di giustizia sociale».

Infine il Papa ha citato una frase famosissima di don Primo Mazzolari che scriveva, nel 1948, ai politici cattolici eletti in Parlamento: «Molto sarà perdonato a chi, non avendo potuto provvedere a tutti i disagi degli altri, si sarà guardato dal provvedere ai propri. Ridurre lo star male del prossimo non è sempre possibile: non prelevare per noi sulla miseria, è sempre possibile. È il primo dovere, la prima testimonianza cristiana. Di fronte a una tribolazione comune, le mani nette paiono una magra presentazione: ma i poveri non la pensano così. I poveri misurano da essa, non la nostra onestà, ma la nostra solidarietà, che è poi la misura del nostro amore».

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