«Vogliamo la pace». E ancora. «Bisogna pregare per la pace». La parola “pace” è come un sogno e attraversa evanescente piazza San Pietro durante l'udienza generale del mercoledì. Stavolta più che un grido è un lamento quello che Papa Francesco fa risuonare, accompagnato dall'applauso dei fedeli. Stamattina non ci sono appelli per la comunità internazionale, la diplomazia o la liberazione degli ostaggi. C'è solo la rappresentazione di un dolore sordo che nasce dall'impotenza che può essere mitigata solo dalla fede e dalla potenza della preghiera. Il primo pensiero di Bergoglio va all'Ucraina che da due anni resiste alle bombe dei russi. Ai fedeli Francesco chiede di recitare rosari «per la martoriata Ucraina che soffre tanto». E di seguito consegna ai pellegrini l'elenco dei luoghi geografici attraversati dai conflitti. «La Terra Santa, Palestina e Israele e non dimentichiamo il Sudan che soffre tanto ma pensiamo dovunque c'è la guerra, e ci sono tante guerre. Preghiamo per la pace ogni giorno e ogni giorno qualcuno si prenda tempo per pregare per la pace, vogliamo la pace. Pace».
Papa Francesco due giorni fa ha ricevuto in udienza in Vaticano la speaker del parlamento lituano con la quale ha affrontato la situazione complicatissima dell'Ucraina. Viktorija Čmilytė-Nielsen ha parlato con Bergoglio della necessità di sostenere Kiev nel suo piano di pace perchè se Kiev non vince «la guerra potrebbe un giorno arrivare anche da noi in Lituania».
La 91esima settimana di guerra in Ucraina è stata commentata dall'arcivescovo greco cattolico, Sviatoslav Shevchuk come assai «sanguinosa. Una guerra – ha detto - che l’aggressore russo conduce contro l’Ucraina libera e indipendente. Ancora una volta, quest’ultima settimana è stata, forse, una delle settimane più cruente. In modo massiccio, i russi attaccano incessantemente le posizioni dei soldati ucraini intorno ad Avdiivka. Ogni giorno, apprendiamo di migliaia di russi morti, spietatamente gettati a morire dal loro stesso governo». Nel frattempo a livello diplomatico si comincia a fare i conti con i risultati finora quasi nulli della missione diplomatica avviata da Papa Francesco e affidata al cardinale Matteo Zuppi che, nel tentativo di trovare un punto di mediazione tra le parti belligeranti, si è recato prima a Kiev, poi a Mosca, negli Usa a parlare con Biden e infine in Cina. Il punto centrale di questo tentativo riguardava la possibilità di liberare i bambini ucraini deportati in territorio russo in questi due anni. Un crimine di guerra che i russi negano di avere commesso mentre gli ucraini hanno già istruito un dossier contenente le identità dei piccoli deportati per essere adottati e russificati. Non ci sarebbe nemmeno una visione comune sul numero. Per Mosca si tratta di poche migliaia di bambini salvati da territori insicuri perchè teatro di guerra, mentre per Kiev il numero si aggira attorno ai 20 mila.
In un'intervista alla rivista spagnola Omnes, riportata dal Sismografo, l'Arcivescovo Shevchuk, ha spiegato che «i tempi di tale missione, e le sue modalità, sono attualmente allo studio». Il cardinale Zuppi, "Inviato del Papa", finora non ha fornito particolari su questa missione e apparentemente tutto sembra fermo, anche se qualche giorno fa, a margine della presentazione di un libro, ad una domanda del Messaggero, ha riferito: «si procede lenti, ma qualcosa si muove».