Ucraina, Papa Francesco spinge per la tregua di Natale ma la sua gaffe sui ceceni complica tutto

Stamattina anche l'ambasciatore russo in Vaticano, Avdeev ha manifestato «indignazione» per le insinuazioni papali

Ucraina, Papa Francesco spinge per la tregua di Natale ma la sua gaffe sui ceceni complica tutto
Ucraina, Papa Francesco spinge per la tregua di Natale ma la sua gaffe sui ceceni complica tutto
di Franca Giansoldati
Martedì 29 Novembre 2022, 10:52 - Ultimo agg. 18:03
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Città del Vaticano – La clamorosa gaffe venata da razzismo di Papa Francesco su Ceceni e Buriati marchiati di essere crudeli – un po' come dire che siciliani e calabresi sono tutti mafiosi – ha spiazzato la diplomazia vaticana che ancora una volta è stata scavalcata dai giudizi estemporanei di Papa Francesco. Non è la prima volta che il pontefice con il nobile intento di lanciare messaggi per costruire ponti e vie di facilitazione alla pace tra russi e ucraini finisce per fare una frittata e complicare sul terreno le cose. Stamattina anche l'ambasciatore russo in Vaticano, Avdeev ha manifestato «indignazione» per le insinuazioni papali.

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Durante questi nove mesi di guerra i buchi nell'acqua da parte di Papa Francesco sono ciclicamente affiorati, rendendo ancora più complicate le missioni sul terreno di nunzi apostolici, cardinali, emissari d'Oltretevere in una partita complessa e sfaccettata dove le religioni – e quindi anche il Vaticano – svolgono un ruolo non indifferente.

Il Papa sa che può contare sul peso della sua moral suasion e sulla credibilità del formidabile apparato umanitario formato da un arcipelago di realtà generose e attive in ogni teatro di guerra.

Poco tempo fa Francesco, nel corso di una intervista e sempre nel tentativo di gettare il cuore oltre l'ostacolo e tentare di tenere aperti spiragli, era riuscito a mandare su tutte le furie, in un colpo solo, la Nato (equiparando la sua azione a quella di un cane che abbaia ai confini russi) e il Patriarca Kirill (definito chierichetto di stato che poi nella traduzione russa si è trasformato un leccapiedi). Precedentemente si era risentita anche la Chiesa greco cattolica perchè il Papa aveva invitato, durante i riti della Pasqua, al Colosseo, una donna ucraina e una russa a portare assieme la Croce, mescolando simbolicamente aggressore e aggredito. Papa Francesco si muove sul terreno internazionale con la passione che gli sgorga dal cuore e con una grande forza intuitiva, ma questa tattica sovente non concordata con la diplomazia - in primis il suo ministro degli Esteri, monsignor Gallagher o il cardinale Parolin -  rischia di essere un boomerang per tutti.

 

Dall'inizio della guerra in Ucraina la posizione del Vaticano è certamente mutata. In una prima fase – quando Putin insisteva ancora nel definire l'invasione una mera operazione militare speciale e non tanto una guerra - il Papa ha evitato di parlare di guerra nei suoi interventi. In quel periodo si era recato nella sede della nunziatura russa a mandare un messaggio personale al Cremlino che il ministro degli Esteri Lavrov aveva gentilmente declinato, pur ringraziando molto Francesco per l'attenzione e la vicinanza. 

Papa Francesco non è mai voluto andare a Kiev, non è mai stato a visitare la sede della ambasciata ucraina in Vaticano e nemmeno si è mai recato nella Chiesa di Santa Sofia a via Boccea, sede della Chiesa greco cattolica. Naturalmente però si è espresso oltre cento volte per manifestare vicinanza al «martoriato popolo ucraino», ha parlato a lungo e più volte per telefono con il presidente russo Zelensky, ha ricevuto l'ambasciatore ucraino e monsignor Schevchuk, capo della Chiesa greco cattolica, inviando milioni di euro in aiuti sanitari e alimentari a tutte le comunità più colpite dai bombardamenti russi. 

Oggi che il Natale si avvicina Papa Francesco vorrebbe essere protagonista di una azione umanitaria e diplomatica, esercitando tutto il suo peso per arrivare ad una tregua natalizia in grado di far tacere le armi il 25 dicembre. Mentre i missili russi continuano a cadere la sua speranza (gaffe su Ceceni e Buriati a parte) è che il 'cristiano' Putin possa ascoltare questa voce. Quest'anno, per la prima volta nella storia, in Ucraina cattolici e ortodossi festeggeranno assieme il Natale il 25 dicembre. Il mondo ortodosso che segue il Calendario Giuliano festeggia la nascita di Cristo a gennaio. Gli ortodossi ucraini, completando uno strappo con il Patriarcato di Mosca, hanno stabilito che eccezionalmente celebreranno la nascita di Gesù assieme ai cattolici. La motivazione di questo passaggio è dettata puramente da problemi logistici e pratici, considerando che le condizioni di sicurezza in tante zone ucraine bombardate continuamente restano precarie.

Sullo scacchiere internazionale la tela diplomatica di Papa Francesco in questi dieci anni di pontificato (li festeggerà il 13 marzo 2023) mostra una peculiarità particolare: al soft power che la Santa Sede esercita nelle sedi internazionali si è aggiunto l'elemento personale del pontefice basato sull'empatia umana, sulla passione, sulla spontaneità. La trama che il Pontefice vuole tessere prima di essere politica o istituzionale è umana. E' da lì che bisogna partire per collegare tutte le sue grandi missioni: in Centrafrica, con l'Islam sunnita e con quello sciita, verso il mondo ortodosso, in Iraq, in Myanmar, in Sud Sudan, in Venezuela. A volte i tentativi di Papa Francesco non hanno corso, altre volte camminano (per esempio in Sud Sudan).

Alcuni anni fa uno degli analisti più acuti della Santa Sede, il nunzio apostolico a Parigi, monsignor Celestino Migliore, aveva tenuto una lectio alla commissione esteri dell'Assemblea nazionale francese, sulla attività diplomatica del pontificato. In questa articolata disamina aveva messo in luce che «Papa Francesco è convinto che non sono il conflitto, le polemiche o la lotta che possono cambiare le nostre relazioni, ma la persuasione, il calore umano, l’incontro e la comprensione reciproca». 

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Dall’inizio del suo pontificato, papa Francesco ha chiarito i della sua agenda internazionale: agire prioritariamente in favore dei poveri, denunciando la «cultura dello scarto», operare per la pace, guarire le divisioni nel mondo cristiano e nell’ambito inter-religioso, proteggere l’ambiente. “Non è una novità assoluta nella tradizione della diplomazia pontificia, ma si tratta di un nuovo stile e di un nuovo coinvolgimento». In questa visione la fede che ispira e giustifica l' azione permette di ridare spazio all’etica e abilita a liberarsi del «pensiero unico» dell’ideologia. “In tale maniera l’etica ritorna a informare le attività umane, modificando la maniera in cui tali attività sono esercitate, non intervenendo solo successivamente, sperando in una generosa redistribuzione dei profitti ottenuti. Lo spessore critico del pensiero sociale cristiano del Papa è strutturale, penetra nella sostanza delle cose e delle relazioni sistemiche. Pretende che l’economia sia buona nel suo funzionamento, e cioè nelle relazioni umane che essa induce».

Naturalmente non tutte le ciambelle nascono col buco. Nonostante gli sforzi del Papa per il Myanmar e per proteggere i Rohiugya, la minoranza islamica perseguitata continua a subire pesantissime violenze. Lo stesso è accaduto in Centrafrica: Francesco agli inizi del pontificato aveva voluto aprire il Giubileo della Misericordia mettendo pace tra le fazioni in lotta, ma gli interessi economici e la corruzione, hanno riportato la situazione nel caos con il sangue che continua a scorrere. 

A poche ore dalla protesta dell'ambasciatore russo, dal Vaticano arriva una frenata diplomatica affidata alla agenzia russa Tass: «Papa Francesco non intendeva in alcun modo offendere i popoli della Russia». «Faremo delle indagini e controlleremo nuovamente le traduzioni e le interpretazioni» delle parole del Papa. L'agenzia russa ricorda poi le parole di stima per il popolo russo pronunciate da Francesco il 6 novembre scorso mentre tornava dal viaggio in Bahrein. La crudeltà, aveva sottolineato in quella occasione il Papa «non è del popolo russo forse, perché il popolo russo è un popolo grande: è dei mercenari, è dei soldati che vanno a fare la guerra come una avventura». 

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